Volare è passione e vocazione, che riempie di sè una vita.
Adolf Galland
Caccia / Assalto
Aer. Macchi C.202 Folgore, immagini, scheda e storia
Scheda tecnica
CARATTERISTICHE
motore: Alfa Romeo RA. 1000 RC. 41 Monsone
potenza: cv 1.175
apertura alare: m 10,58
lunghezza totale m 8,85
altezza totale: m 3,03
superficie alare: mq 16,80
peso a vuoto: kg 2.350
peso a carico massimo: kg 2.930
velocità massima: km/h 599 a 5.600 m
velocità minima: km/h 143
tempo di salita: 5'55" a 6.000 m
tangenza massima m 11.500
autonomia: km 765
decollo: m 253
atterraggio: m 235
armamento: 2 mitragliatrici da 12,7 mm
progettista: Mario Castoldi
pilota collaudatore: Guido Carestiato
primo volo prototipo: MM. 445 il 10 agosto 1940
località: Lonate Pozzolo (Varese)
Aer.Macchi C.202 Folgore, 97a squadriglia “Gamba di Ferro” (9° gruppo, 4° stormo) Comiso, settembre 1941.
La vista laterale sinistra è di un 202 cobelligerante
DESCRIZIONE TECNICA
Velivolo da caccia, monoplano ad ala bassa a sbalzo, monomotore, monoposto a struttura interamente metallica.
Fusoliera metallica con struttura a semiguscio costituita da quattro profilati in lega leggera con paratie ovoidali e correntini. Ala metallica formata da due longheroni e centinatura; profilo alare variabile; alettoni con struttura metallica e rivestimento in tela; ipersostentatori ventrali interamente metallici.
Carrello retrattile per rotazione verso l'interno, a scomparsa totale.
Ruotino di coda orientabile, non retrattile, a volte parzialmente carenato.
Piani di coda a sbalzo completamente metallici, ad eccezione delle partì mobili, rivestite in tela; stabilizzatore ad incidenza variabile in volo.
Posto di pilotaggio con cappottina vetrata ribaltabile lateralmente; seggiolino del pilota, corazzato, e pilone di protezione nella carenatura del poggiatesta; apparecchiatura radioricevente, radio-goniometro.
Strumentazione standard.
Quattro serbatoi autostagnanti, per il carburante: uno principale ed uno secondario, in fusoliera, altri due, alla radice delle semiali. Motore con elica tripala metallica, a passo variabile in volo.
Due mitragliatrici da 12,7 mm montate sopra la cappottatura motore, sincronizzate e sparanti attraverso il disco dell'elica, 360 colpi per arma.
PRODUZIONE
MM. 445 - prototipo (costruzione Macchi)
MM.91974 – versione con cannoni alari Mauser da 20 mm.
MM.7768 – C.202D
MM. 7859-7958 - n. 100 (luglio 1941- aprile 1942, Breda) I serie
MM. 7709-7718 - n. 10 (maggio-giugno 1941, Macchi) II serie
MM. 7719-7858 - n. 140 (giugno 1941-aprile 1942, Macchi) III serie
MM. 7409-7458 - n. 50 ( settembre1942-giugno 1943, SAI) IV serie
MM. 7959-8008 - n. 50 (giugno-agosto 1943, SAI) V serie (*)
MM. 8339-8388 - n. 50 (marzo-maggio1942, Breda) VI serie
MM. 9023-9122 - n. 100 (aprile-settembre 1942, Macchi) VII serie
MM. 8081-8130 - n. 50 (maggio-luglio 1942, Breda) VIII serie
MM. 9389-9486 - n. 50 (settembre 1942-marzo1943, Macchi) IX serie
MM. 9500-9599 - n. 100 (luglio-novembre 1942, Breda) X serie
MM. 9602-9751/6560-6609 - n. 200 (novembre 1942-maggio 1943, Breda) XI serie
MM. 91803-91951 - n.150 (maggio-settembre 1943, Breda) XII serie (**)
MM. 91953-91993 - n. 55 (aprile-agosto 1943, Macchi) XIII serie
MM. 92003-92052 - n. 50 (non prodotta, SAI) XIV serie
MM. 92053-92152 - n.100 (in lavorazione, Breda) XV serie
MM. 95950-96099 - n.150 (non prodotta, Breda) XVI serie
(*) La SAI deve aver probabilmente completato solo 17 esemplari della V serie.
(**) La Breda dichiara all’8 settembre 1943 una produzione di 588 C.202; sino alla MM.91891, meno la MM.91880. Successivamente sono stati prodotti 61, contro i previsti 82.
Crediti
Autori Vari Dimensione cielo aerei italiani nella II guerra mondiale caccia/assalto vol. II, Edizioni Bizzarri Roma 1971/2
Autori Vari Monografie Aeronautiche Italiane (n.47/48), Roma 1983
Alberto Borgiotti Cesare Gori Macchi Mc.202 folgore, S.T.E.M.-Mucchi Editore Modena
Autori Vari Aer.Macchi C.202, La Bancarella aeronautica Torino 2006
Przemyslaw Skulski Macchi C.202 Folgore, ACE publication Wroclaw 1997
Roberto Gentili Luigi Gorena Macchi C.202 Squadron/Signal Publication Carrollton USA 1980
Storia aereo
Un grande caccia che permette alla Regia di colmare il divario con le aviazioni avversarie
Il C.202 è la seconda cellula che si avvale del Daimler Benz DB.601. Vengono finalmente risolti i problemi aerodinamici propri dei precedenti monoplani con un’ala sin dall’origine a profilo variabile, l’abitacolo è chiuso da una cappottina ribaltabile e dotato di radio, realizzando dunque un velivolo all’altezza dei macchine inglesi e tedesche, nella pratica operativa il velivolo surclasserà Hurricane, Fulmar e P.40 ed, almeno in virata, il P.38 e combatterà in condizioni di parità con lo Spitfire.
Campo di Lonate Pozzolo, 10 agosto 1940, Guido Carestiato effettua il primo volo del prototipo del C.202 (MM.445). I risultati delle prove danno subito valori di eccezionale importanza. L'aereo è in grado di raggiungere i 6.000 metri in 5 minuti e 55 secondi, di raggiungere, in volo orizzontale, a 599 km/h. Nell'uso bellico, il C.202 dimostrerà di poter affrontare picchiate di estrema violenza, sino alle soglie dei fenomeni di compressibilità: in combattimento, questo vuol dire potersi lasciar dietro qualsiasi inseguitore. Le prove di valutazione a Guidonia e le prove di tiro effettuate a Furbara, danno risultati positivi, così che la Regia Aeronautica si trova con un nuovo, superlativo caccia, che la mette in condizione di recuperare il divario tecnico nei confronti delle altre aviazioni belligeranti.
L’allestimento delle catene di montaggio e l’immissione nei reparti
L'aereo presenta il vantaggio di avvalersi sostanzialmente dei componenti e sottogruppi strutturali del C.200 e di utilizzare gli stessi scali e macchinari, circostanza che vale a facilitare ed accelerare la produzione. Il C.202 è ordinato in serie nel settembre del 1940 e se ne allestiscono le catene di montaggio presso la Macchi, la Breda e la S.A.I. Ambrosini. I primi esemplari, di costruzione Macchi, sono consegnati nel maggio del 1941, seguiti nel luglio dalla produzione Breda e successivamente da quella S.A.I. I velivoli vengono trasferiti progressivamente sull'aeroporto di Campoformio (Udine) e. presi in carico dal 17° gruppo del 1° stormo. L'addestramento dei piloti e la dotazione di velivoli, possono dirsi completati nell'ottobre; a novembre viene effettuato il trasferimento del reparto, prima a Ciampino (Roma), poi a Comiso (Ragusa): è il tragitto che porta verso il fronte africano.
In novembre, anche l'altro gruppo del 1° stormo, il 6°completa la dotazione di C.202. In questo momento, la situazione sul fronte libico risulta particolarmente grave, a causa dell'offensiva inglese. Dall'Italia si cerca di far affluire tutti gli aerei che sono disponibili, ma si trattengono ancora i C.202, per evitare di gettarli nella lotta, con personale non completamente addestrato e senza la dotazione degli indispensabili filtri anti-sabbia. Questa decisione, causata da precise ragioni di ordine tecnico, costa tuttavia la carica di Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, al generale Francesco Prícolo, accusato di aver ritardato l'invio dei nuovi aerei e quindi di aver disubbidito ad ordini superiori (14 novembre 1941).
Aer.Macchi C.202 Folgore
- 80a squadriglia (1° stormo) Italia, fine 1941
- 91a squadriglia (4° stormo) Campoformio, inizio 1942
- 84a squadriglia (4° stormo) Sicilia, estate 1942
- 378a squadriglia (51° stormo) Sicilia, estate 1942
- 361a squadriglia (21° gruppo) fronte russo, autunno 1942
Il fronte libico - egiziano
I C.202 del 17° gruppo, giungono in Libia il 25 novembre: inizialmente sono basati sull'aeroporto di Martuba, ove vengono raggiunti anche da quelli del 6° gruppo. Quasi subito, questi reparti debbono portarsi su basi più arretrate, a causa del ripiegamento di tutto il nostro fronte: Benina, K.2 (Bengasi), Sidi Magrum, Bir El Merduma, e infine Tamet, in Tripolitania, a fine dicembre 1941. L'efficienza media giornaliera dei C.202 (1° e 4° stormo) nel mese di dicembre, è di 24 macchine. Alcune incursioni aeree nemiche coinvolgono e danneggiano al suolo vari C.202: 5 in un bombardamento subìto dall'aeroporto di Martuba, 4 a Barce, 10 a Benina. A questo travagliato ciclo operativo, partecipa anche il 9° gruppo del 4° stormo. Questo reparto riceve i primi C.202 sull'aeroporto di Gorizia, a partire dal luglio 1941. Il 29 settembre, gli aerei sono trasferiti a Comiso, in Sicilia ed il 25 novembre la 96° e la 97° squadriglia si portano sul campo libico di Martuba, mentre la 73° si trattiene nell'isola.
Le vicende del dicembre 1941 accomunano i tre gruppi su C.202. Poco dopo, il personale del 9° gruppo, torna in Italia, mentre i gruppi rimasti si portano su campi più avanzati (prima Ara Fileni, poi Belaudach). La controffensiva italo-tedesca del 21 gennaio 1942, porta nuovamente avanti i reparti di C.202. Il 10 febbraio avviene il ritorno del 6° gruppo a Bengasi e, poco dopo, due squadriglie si riportano a Martuba. Il 31 marzo, una colonna inglese dotata di carri armati, autoblindo, cannoni, reparti di fanteria, tenta una azione contro questo aeroporto, riuscendo ad attestarsi a circa 10 Km. e ad iniziare il cannoneggiamento della base. Numerosi C.202, C.200, CR.42, assieme ad aerei tedeschi, riescono a decollare ed a respingere l'insidiosa puntata avversaria.
Aer. Macchi C.202 Folgore 363a squadriglia (150° gruppo autonomo) Bengasi, fine luglio 1942
La riconquista dell'intera Cirenaica, avviene nel giugno 1942. Il 26 maggio, si può contare su una sessantina di C.202, appartenenti al 6° e 17° gruppo del 1° stormo, ed al 9° e 10° gruppo del 4° stormo, appena tornato in Africa: compiono la brillante azione sull'aeroporto di Gambut, già citata per i CR.42 b.a.
Riconquistata Tobruch (21 giugno), inizia quella azione verso Alessandria d'Egitto, che sarà fatale alle forze italo-tedesche. A fine giugno, il grosso del personale del 1° stormo lascia la Libia: rimane ancora per qualche settimana la sola 88° squadriglia. Dalla metà di luglio, si aggiungono invece i C.202 del 23° gruppo (3° stormo). Per consentire la rapida avanzata dei reparti impiegati, si provvede ad organizzare una colonna logistica con 114 automezzi, carichi di tutto il materiale occorrente per garantire a tutta la linea dei C.202, sino a cinque giorni di pieno ed autonomo funzionamento. Un'altra colonna di 116 automezzi, garantisce le stesse condizioni alla linea dei CR.42 b.a. Il 30 giugno, le avanguardie italo-tedesche sono ad El Alamein, e lì il fronte si blocca sino al 3 novembre 1942.
Da Sídi Barrani, i C.202 passano a Mumin Busak, ad Abu Aggag, a Fuka. Il 15 luglio, sono in linea 93 C.202 con i gruppi 9° e 10° del 4° stormo, con il 23° gruppo del 3° stormo e con il 150° gruppo autonomo: è questa una delle più alte punte di operatività, avuta dai C.202 sul fronte africano. Poi, è un lento consumarsi di tutto: personale, aerei, scorte di carburante, parti di ricambio. Il 20 ottobre, la Royal Air Force effettua massicci attacchi per neutralizzare il 4° stormo (Fuka) ed il 3° (Abu Aggag). La nostra caccia, nel tentativo di fermare queste azioni, affronta 8 combattimenti il 20 ottobre, 4 combattimenti il giorno successivo, contro formazioni nemiche tre o quattro volte più numerose.
Dal 22 al 31 ottobre, seguono altri combattimenti. I nostri gruppi da caccia infliggono notevoli perdite al nemico, ma non sono in condizioni di fermarlo. La R.A.F. arriva ad impiegare, in questa fase, sino a 700 velivoli al giorno. 15 C.202 sono abbattuti in combattimento, 8 sono messi fuori uso dalle incursioni nemiche sui nostri aeroporti, mentre altri 42 risultano danneggiati.
Il 4° stormo, ridotto con una decina di velivoli efficienti, li passa al 3°e torna a Martuba per prendere 28 C.202, appena giunti dall'Italia. Ma ormai la battaglia di El Alamein è segnata e le truppe italo-tedesche iniziano quella ritirata che si concluderà nel maggio 1943 in Tunisina. Il 20 novembre, troviamo il 4° stormo ad Ara Fileni, il 3° stormo a Tauorga, una sezione a Castelbenito. Il 6 dicembre, il 4° stormo (solo il 9° gruppo) passa alla difesa del porto di Tripoli, organizzata avvalendosi anche di impianti di radiolocalizzazione. Dopo la caduta della stessa Tripoli (23 gennaio 1943), rimangono in Africa i soli C.202 del 3'° stormo.
Aer. Macchi C.202 Folgore, 75a squadriglia (23° gruppo, 3° stormo)
velivolo del maggiore Luigi Filippi comandante del gruppo, Tunisia 1943
L’ultima fase della guerra in Africa: Algeria e Tunisia
Il 7 novembre affluiscono in Sardegna 24 C.202 del 153° gruppo autonomo e 33 C.202 del 17° gruppo (1° stormo). Nei giorni successivi, insieme ai Re.2001, questi aerei attaccano gli obiettivi militari nelle zone di Bona e di Bougie. Occupata la Tunisia, vi si trasferiscono alcuni nostri reparti. Il 155° gruppo del 51'° stormo è ad E1 Alouina dall'11 novembre; il 6° gruppo (79a ed 81a squadriglia) si porta a Sfax, nei primi giorni di gennaio; anche il 3° stormo è ormai su un aeroporto tunisino, quello di Medenina; più tardi si aggiunge il 16° gruppo (54° stormo). Al 21 febbraio risultano presenti in Tunisia 55 C.202.
Il 6 e 7 marzo, questi aerei sono proficuamente impegnati in una controffensiva italo-tedesca (battaglia di Medenina) che blocca per qualche tempo lo slancio offensivo anglo-americano. In questo mese i C.202 sostengono 21 combattimenti, durante i quali riescono ad abbattere 19 Spitfires, 1 P.40, 1 P.38.
Nonostante qualche margine di preavviso, dato dagli impianti di radiolocalizzazione, i nostri reparti riportano gravi danni a causa dei massicci bombardamenti sugli aeroporti. Il 29 marzo, questi sono attaccati da ben 65 formazioni nemiche. Sull'aeroporto di Achichina (3° stormo e 6° gruppo) vengono distrutti 5 C.202 e ne vengono danneggiati altri 12. Il 30 marzo tocca all'aeroporto di Sfax, mentre il 31, in questa stessa località, molti C.202 sono sorpresi da una incursione, in fase di decollo: 5 aerei distrutti e 10 danneggiati. Tra febbraio e marzo vengono perduti 20 caccia Macchi, mentre altri 47 riportano danni di varia entità.
Per contenere la grave situazione, il 25 marzo si provvede all'invio in Tunisia, del 7° gruppo, anch'esso armato con i Macchi C.202 A metà aprile rimane in Tunisia solo il 54° stormo (7° e 16° gruppo): gli altri reparti, senza velivoli e col personale decimato, lasciano definitivamente l'Africa.
Aer. Macchi C.202 Folgore in Sicilia
Malta e il Mediterraneo
Oltre all'Africa Settentrionale, un altro fronte ha rappresentato per la Regia Aeronautica, una continua emorragia di uomini e di mezzi: è l'impiego contro l'isola di Malta. Una prima presenza di C.202 avviene in Sicilia, sull'aeroporto di Comiso, dal 29 settembre al 24 novembre 1941 (9° gruppo del 4° stormo). Ed è proprio uno di questo teatro che il velivolo consegue i primi successi con l’abbattimento di un Hurricane partecipante al mitragliamento dell’aeroporto siciliano di Comiso e di altri due di una formazione di sette attaccanti l’idrosoccorso italiano inviato a salvare il pilota del primo velivolo.
Quando questi si trasferiscono in Africa, l'Aeronautica della Sicilia rimane con una sola sezione di C.202, attrezzati per riprese fotografiche (aeroporto di Castelvetrano, inizio del 1942). Un più cospicuo impiego di C.202, avviene solo nell'aprile del 1942, quando il 4° stormo, tornato dall'Africa e reintegrato a Campoformido, si ferma in Sicilia per un paio di settimane (aeroporti di Sciacca e di Castelvetrano). Quando poi in maggio il 4° stormo torna in Libia, gli si sostituiscono i C.202 del 155° gruppo (51° stormo) e del 23° gruppo (3° stormo).
Nel cielo di Malta, proprio su un C.202 del 51° stormo, il 27 luglio 1942 muore un valoroso Comandante di Squadriglia: è Furio Níclot, già primatista mondiale di velocità, sul Breda Ba.88.
Al 30 giugno 1942 sono impiegabili contro l'isola circa 60 caccia C.202. Un nuovo gruppo, destinato ad operare contro l'isola, deve essere invece spedito in Africa, con urgenza, e mai vedrà l'impiego su Malta. Intanto la linea-caccia della Roval Air Force vi viene tenuta costantemente efficiente, con l'invio di continui rinforzi: 130 aerei presenti al 1° luglio, 55 al 14 luglio, 112 al 23 luglio. All'ultima offensiva aerea contro Malta (ottobre 1942), partecipano i 74 Macchi C.202 di tre gruppi (in settembre, si è aggiunto il 153° gruppo autonomo). I 129 caccia inglesi rilevati dalle ricognizioni fotografiche del 10 ottobre, sugli aeroporti dell'isola, si riducono a 80, dieci giorni dopo; ma il 29 ottobre, il lancio di una quarantina di Spitfires dalla portaerei Furious rimpiazza i velivoli perduti. Tutto daccapo: ma Regia Aeronautica e Luftwaffe non hanno più la forza per ricominciare; quel poco che c'è, finisce ad El Alamein. Dal giugno 1940 al novembre 1942, la difesa aerea di Malta è comunque costata alla RAF, 844 velivoli da caccia (in massima parte Hurricane e Spitfire) e 518 piloti.
Parallelamente alle azioni su Malta, va ricordato il contributo dato dai reparti di C.202, alle battaglie aeronavali di « mezzo giugno » e di « mezzo agosto » 1942.
Aer. Macchi C.202 Folgore in Africa Settentrionale
La breve presenza del “Folgore” sul fronte russo
Un altro fronte che ha visto l'impiego del velivolo, è quello russo. Si tratta tuttavia di una presenza limitata, sia nel tempo che nelle quantità. Abbiamo già visto che le azioni di caccia, in questo settore, sono state sostenute dai reparti di Macchi C.200.
Solo nel settembre 1942, il 21° gruppo riceve 12 Macchi C.202, che vengono ripartiti tra le sue quattro squadriglie. E' il momento in cui l'avanzata delle forze dell’Asse in Russia ha raggiunto la massima profondità. L'attività dei pochi C.202 è dunque molto breve, anche se intensa, a causa della grave situazione delle truppe italo-tedesche nel periodo invernale. L'ultima missione di 25 aerei (C.200 e C.202) del 21° gruppo avviene il 17 gennaio: la consistenza dell'intero reparto è ridotta a 30 C.200 e 9 C.202. Tra marzo ed aprile, questi aerei rientrano in Italia.
Aer. Macchi C.202 Folgore in Africa Settentrionale
La guerra in casa: Pantelleria e lo sbarco in Sicilia
Ritorniamo alla situazione sul fronte mediterraneo dove la lotta è giunta alle porte di casa. Pantelleria è la prima ad essere investita dall'attacco anglo-americano. L'8 maggio 1943 essa è attaccata da 120 B.25 e da 42 P.38. Gli aerei tornano anche nei tre giorni successivi, mentre il 13 avviene un bombardamento navale. Sino all'11 giugno, gli 83 Kmq. dell'isola (che si estende per una lunghezza di 14 Km.) subiscono ben 140 bombardamenti aerei e 5 navali. Solo nei giorni di giugno, si avvicendano nel cielo dell'isola 3.647 aerei e si sganciano 4.884 tonnellate di bombe. Il primo ad essere distrutto, è l'impianto radar, poi è la volta degli ultimi quattro C.202 stazionanti nell'isola. Ciononostante, tra un'incursione e l'altra, l'aeroporto è messo in condizioni di parziale agibilità per garantire gli atterraggi notturni degli S.81 che portano i rifornimenti di acqua e cibo: e ciò avviene sino al 10 giugno, trentatreesimo giorno d'assedio. Il 12 giugno cade anche Lampedusa, il 13 Linosa, il 14 Lampione.
Tra il 10 luglio ed il 17 agosto, gli angloamericani occupano l'intera Sicilia. A contrastarli, sono anche una sessantina di C.202, appartenenti agli stormi 3°, 4° e 51°, ed ai gruppi 21°, 153° e 161°.
Il 4° stormo, con aggregato il 21° gruppo, con in linea anche alcuni C.205V, si distingue particolarmente in questo durissimo ciclo operativo: nella battaglia per la piana di Catania in un solo giorno (4 luglio) abbatte 15 velivoli avversari senza subire perdite.
Un altro episodio legato a quelle drammatiche giornate è di un “Folgore” che mitraglia il mezzo da sbarco che porta in Sicilia il generale Patton e viene abbattuto dalla reazione antiaerea mentre tenta un secondo passaggio.
Dopo dieci giorni di lotta in cui sono state effettuate 650 missioni, tutti i reparti da caccia basati in Sicilia devono ripiegare su basi continentali.
Dal 3 al 5 settembre si hanno gli ultimi interventi contro le teste di sbarco nemiche, in Calabria. In questi giorni, la Regia Aeronautica dispone di soli 47 C.202 efficienti a cui si aggiungono una quarantina di velivoli di tipo più recente (C.205, G.55, Re.2005, Me.109 G). Di fronte, solo tra Spitfires e P.40, si hanno circa 500 caccia.
Aer. Macchi C.202 “Folgore”, 74a squadriglia (3° stormo), Tunisia 1943
Aer. Macchi C.202 Folgore in Africa Settentrionale
L’8 settembre di un pilota da caccia
Si arriva così al giorno conclusivo. La mattina dell'8 settembre, vengono segnalati 130 B.24 che sembrano dirigersi verso la, periferia romana. A Foligno si trova un capitano pilota che ha appena, ottenuto il comando di uno dei gruppi del 51° stormo, e quindi è in attesa di trasferirsi a Monserrato (Cagliari), ove si trovano i piloti e gli aerei del reparto. La sorte di questo pilota è singolare: durante tutto l'arco della guerra, ha più volte fatto domanda per essere assegnato ad un reparto operativo, ma la sua richiesta, sempre respinta, è stata accolta solo ora. Alla segnalazione degli incursori, egli chiede ed ottiene di poter decollare con un C.202. E' molto che non vola su questo aereo, o meglio, molto tempo è passato da quando ha avuto occasione di provarne il prototipo. A bordo, tutto è cambiato ed egli impiega i pochi attimi che ha a disposizione per ritrovare quanto occorre e ricapitolare l'essenziale. Prima dei bombardieri, egli avvista la terra che ribolle sulle pendici dei colli Albani, a Frascati. L'obiettivo dei velivoli risulterà poi essere il Quartier Generale di Kesserling, ovvero il Comando delle forze tedesche in Italia. In fonìa, il nostro pilota sente molti ordini della guida-caccia, dato che altri velivoli del 3° stormo, al comando del tenente Solaroli, si stanno portando a contrastare i B.24. Il C.202 guadagna la quota utile e poi effettua un primo passaggio; ritorna poco dopo e finisce di scaricare le armi. Si disimpegna quindi dalla formazione avversaria, senza peraltro poter constatare gli eventuali danni arrecati. Il C.202 riatterra a Foligno ed il pilota, Adriano Mantelli, ha ancora qualche ora davanti, per ascoltare l'annuncio dell'armistizio e per sapere che questo è stato il suo ultimo volo per la Regia Aeronautica.
Aer.Macchi C.202 Folgore
- Ipotetico esemplare con insegne elvetiche
- Folgore con insegne della Luftwaffe in uso presso il 3° Gruppo Caccia ANR
- 86a squadriglia, Sicilia 1942. All’altezza del posto di pilotaggio il distintivo sperimentale
“Dare in brocca”, mai adottato ufficialmente.
Questo esemplare venne anche utilizzato dall’allora tenente Adriano Visconti
- 96a squadriglia (4° stormo), Comiso settembre 1941
L’impiego presso l’aeronautica cobelligerante
Dopo tale data, al Sud risultano armati, con i. C.202, il 21° gruppo (356a, 361a, 386a squadriglia) a Brindisi e Manduria, il 51° stormo (155° gruppo: 351°, 360°, 378a squadriglia) sugli aeroporti sardi di Milis e Casa Zeppera, il 13° gruppo (82a squadriglia) sull'aeroporto di Venafiorita. Sei C.202 raggiungono in volo la Puglia, lasciando zone controllate dai tedeschi. Alla fine di settembre, in Puglia si trovano 17 C.202 (6 efficienti) ed altri 6 (4 efficienti) sono in Sardegna. Questo materiale viene poi concentrato, riorganizzato ed integrato con nuovi recuperi. Alla metà di ottobre il Raggruppamento Caccia dell'Aeronautica co-belligerante ha in carico 24 C.202 (18 efficienti). Al 31 dicembre 1943, 27 C.202 (21 efficienti) sono ripartiti tra il 4° stormo, il 21° e 155° gruppo, tutti basati sull'aeroporto di Lecce. Accenniamo brevemente a questo ciclo operativo. Già dal 9 settembre 1943, quattro C.202 dell'Aeronautica della Sardegna, svolgono missioni di ricognizione a vista, in relazione al trasferimento della flotta italiana da La Spezia a Malta.
Poi, accanto a C.205 e Re.2002, i C.202 intervengono durante i combattimenti di Cefalonia e Corfù. Infine iniziano l'attività operativa sull'Albania, la Grecia, la Jugoslavia, contro le forze tedesche.
Nel novembre 1943 una ventina di C.202 sono rimotorizzati col DB.605, la trasformazione viene effettuata a cura del Servizio Tecnico Caccia e dall’Aeronautica Sannita di Benevento.
A metà giugno 1944, in occasione delle prime consegne di Bell P.39 Aircobra, viene riorganizzata tutta la caccia dell'Aeronautica co-belligerante. Il 4° stormo passa sui nuovi (per modo di dire) velivoli; il 51°, in attesa degli Spit V, si unifica sui Macchi C.205; entrambi i reparti possono cedere i loro C.202 al 5° stormo, che torna ad essere da caccia. L'efficienza di questo reparto è presto ristretta al solo 102° gruppo (209a e 239a squadriglia), date le condizioni , di efficienza e l'esiguità dei velivoli. Nel dicembre 1944, gli obiettivi in territorio jugoslavo risultano ormai fuori del raggio d'azione dei C.202.
Nel periodo di co-belligeranza, sono effettuate 2.079 ore di volo per missioni di caccia, attacco al suolo, scorta, ricognizione, mentre i voli di accertamento meteorologico e per altri scopi assommano a 2.473 ore, complessivamente vanno perduti circa una decina di Macchi C.202.
L’utilizzo da parte dell’Aviazione Nazionale Repubblicana
Anche al Nord l'A.N.R. conserva una certa aliquota di questi velivoli. Trentasei di essi equipaggiano buona parte del 3° gruppo caccia sino all'agosto del 1944, ossia prima che il reparto riceva i Messerschmitt Me.109 G. Qualche altro esemplare è presente nelle squadriglie di addestramento. L'aereo non ha tuttavia visto l'impiego operativo, preferendosi utilizzare gli aerei dotati di cannoni da 20 mm. (C.205, G.55, Me.109 G) che va considerato come l’unico armamento realmente efficace nel confronto contro i quadrimotori.
Gli ultimi voli nel dopoguerra
Trentadue C.202, per il 75% provenienti da ricostruzioni, compiono gli ultimi voli nell'ambito della Scuola Caccia, in Puglia. Nel marzo 1947 ne sono presenti sei presso la Scuola ed altrettanti presso la locale SRAM, ormai si tratta di macchine in precarie condizioni di efficienza.
Il “Folgore” con colori stranieri
La Regia Aeronautica è stata il quasi esclusivo utilizzatore del C.202 ma anche alcune aviazioni straniere sono state sul punto di utilizzarlo: la Svizzera nel avrebbe dovuto ricevere 20 esemplari, i primi due (n.c. 388 e 389, della XIII serie Macchi) sono pronti alla consegna nel febbraio 1944 ma il deteriorarsi della situazione bellica fa cancellare l’ordine.
Successivamente all’8 settembre i C.202 di produzione Breda subiscono la requisizione e vedono l’impiego quali addestratori avanzati presso le scuole di Orange (Francia) e Garz (Baltico).
Almeno 12 C.202 vengono ritirati da piloti della Legione Croata a Sesto San Giovanni agli inizi del 1944 ed utilizzati dall’11 squadrone sul campo di Kurilovek.
Nel dopoguerra sarà l’Egitto a riceve un’aliquota di C.202 motorizzati col DB.605.
Il positivo bilancio di un grande velivolo
Così termina la carriera di un grande aereo, molto veloce, formidabile arrampicatore, manovriero, solidissimo. Sono le doti che si colgono tra i ricordi di chi vi ha volato e combattuto. L'unico limite è nel solito armamento « leggero » della coppia di 12,7 mm., successivamente incrementate dalle due 7,7 alari . Soluzione neppure questa che conferisce un volume di fuoco particolarmente poderoso e pertanto verrà adottata da ben pochi esemplari.
Aer. Macchi C.202 Folgore in Africa Settentrionale
singolare tamponamento con autoveicoli dell’Istituto Luce
Il propulsore è predisposto per l’istallazione di un cannone Mauser da 20 mm. sparante attraverso il mozzo dell’elica ma tale istallazione non risulta possibile sul velivolo italiano perché la culatta dell’arma andrebbe ad occupare spazio nell’abitacolo e muterebbe negativamente la distribuzione dei pesi.
Tuttavia i reparti su questo ottimo caccia hanno ben più risentito per altri due fattori. La penuria di motori Daimler Benz DB.601, prodotti su licenza dall'industria nazionale (Alfa Romeo), le scarsissime e spesso annullate concessioni di motori originali tedeschi, obbligano a cicli di funzionamento che si aggirano sulle trecento ore, quando, nella Luftwaffe, non si arriva alle cento, con tutte le garanzie di durata e di affidabilità che questo comporta. Poi, specialmente nell'ultimo anno di guerra, il tracollo finale delle dotazioni di carburante riduce ancora di più il già scarso numero di velivoli che possono volare.
Aer. Macchi C.202 Folgore
la foto permette di apprezzare il collimatore a riflessione San Giorgio
Varianti operative e sperimentali
Quasi a dimostrare la compiutezza dell'impostazione originale, il C.202 ha visto ben poche variazioni durante i circa due anni in cui è stato prodotto.
Oltre alla modifica con filtri anti-sabbia (C.202 A.S. - Africa Settentrionale), vengono introdotti due attacchi sub-alari, dalla rara istallazione, che possono essere usati per serbatoi supplementari da 150 litri o per bombe sino a 150 Kg.
Due C.202 vengo dotati dei necessari apparati di radioguida per l’S.79 ARP, si rimanda alla trattazione dell’Aeronautica Lombarda Assalto Radioguidato per le vicende del loro utilizzo.
Come modifica sperimentale, l'esemplare MM.7768 (C.202D), presenta un vistoso radiatore sotto al motore, soluzione comparabile a quella realizzata per il Daimler Benz DB.605 del Caproni-Vizzola F.6 risalente allo stesso periodo (fine 1941). Questa istallazione, volta a facilitare la manutenzione ed eliminare lunghe e vulnerabili tubazioni, consentirebbe anche l’istallazione di carichi ventrali, ma comporta un notevole aumento della resistenza aerodinamica. L’esperimento non ha pertanto seguito.
L'esemplare MM.91974 (primavera 1943) introduce, al fine di potenziare le caratteristiche offensive del velivolo, due cannoni Mauser MG151 da 20 mm. in gondole sub-alari similarmente a quelli istallati sul Re.2001 C.N. Ma solo il successivo C.205 a porterà in combattimento, questo più pesante armamento essendo il “Folgore” eccessivamente penalizzato da questa dotazione bellica.
Allo stadio di progetto rimane il C.204 su cui è previsto l’utilizzo dell’Isotta Fraschini I.F.121, un propulsore che presenta – come altri coevi prodotti nazionali – grossi problemi di messa a punto.
Aer. Macchi C.202D MM.7768
Un’altra modifica priva di seguito è quella effettuata sull’Aer.Macchi C.202 MM.91974 tesa ad incrementare lo scarso volume di fuoco del Folgore con l’istallazione subalare di due cannoni Mauser MG151/20; sarà però il successivo C.205 a portare in combattimento quest’arma
I due soli Aer. Macchi C.202 Folgore oggi esistenti: quello conservato presso il Museo dell’AMI di Vigna di Valle e l'esemplare del National Air and Space Museum di Washington
Storia pilota, aviatore
Particolare interesse rivestono i ricordi di questo pilota, che preferì mantenere l’anonimato. Oltre che il classico racconto di guerra con i combattimenti vinti e quelli perduti risultano interessanti i temi al passaggio da velivoli biplani a monoplani, l’organizzazione dei reparti, le tecniche di combattimento, i pregi e limiti del “202”.
Per un punto di vista operativo abbiamo voluto, come si diceva, raccogliere i ricordi di un pilota che «portò» a lungo il 202 affrontando gli agguerriti velivoli Alleati nei cieli di Sicilia, Malta, Mediterraneo e Tunisia; un valentissimo Sottufficiale che col grado di Sergente Maggiore durante il periodo bellico da lui rievocato costituì assieme a cento e cento altri commilitoni, il nerbo, diremmo «di ferro» altamente qualificato professionalmente. modesto e tenace, su cui la Regia Aeronautica potè costituire vittorie, fama e inesauribile continuità anche nei momenti più tragici. Gli avversari di allora, almeno quelli «limpidi» di memoria, lo hanno riconosciuto da tempo.
Il nostro interlocutore, che non indicheremo per suo desiderio, ha una vasta esperienza professionale; durante il periodo bellico e successivamente poté passare dai CR.32 fino ai reattori attraverso i CR.42, Macchi 200, 202, Spitfire V, IX, Mustang e Thunderbolt, F-84G ecc. Il « buco » fra il Folgore e lo Spit V si spiega col fatto che egli venne catturato dai britannici in Tunisia alla fine della Campagna quando non vi erano più velivoli in ordine di volo per poter rientrare in Italia. Il nostro amico agì inquadrato nella Squadriglia 98a del 7° Gruppo 54° Stormo e aveva per compagni di Reparto uomini come Visconti, Magnaghi, Omiccioli, Gostini Guernaccia, Maurer, Beneforti, Diappi, Fioroni, Versetti, Orofino, Mauri, ecc.
Sostenne il suo primo combattimento aereo nel 1941 nel cielo di Malta con un MC.200 contro Hurricane.
La nostra prima domanda riguardava la caccia come specialità: nella Aeronautica italiana, uno dei fatti più discussi e interpretati, è l'evoluzione dal biplano al monoplano da caccia. Come ormai accertato, la Regia Aeronautica compì la scelta forse per imitazione di quanto stava avvenendo presso le altre più potenti forze aeree mondiali, vedi Germania, Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti. Diciamo per imitazione, non perché noi non si comprendesse completamente cosa comportava questo « salto » di categoria, ma perché si rimase a mezza strada fra il biplano manovrabile, agile, poco caricato sulle superfici, con potenza motrice sicura ed armamento leggero ma con buona riserva di proiettili, e il monoplano velocissimo e tecnologicamente assai avanzato. Tale impostazione presupponeva un combattimento « acrobatico » in cui l'abilità del pilota si misurasse direttamente con l'avversario nel classico calderone stile prima guerra mondiale. L'impiego dei monoplani, viceversa, implicava tattiche diametralmente opposte: era la sorpresa la base del combattimento, quindi attacco improvviso con un potente armamento a tiro rapido, contatto balistico di pochi secondi e conseguente disimpegno ad alta velocità. Per tutto ciò erano sufficienti piloti poco addestrati all'acrobazia ma che potessero mettere in pratica buone capacità di combattimento collettivo, volo strumentale e navigazione, dato che il comando-caccia avrebbe guidato verso gli incursori i propri monoplani rifuggendo da crociere protettive logoranti.
In Italia, invece, si cercò di adattare il nuovo caccia monoplano ai concetti tipici d'impiego del biplano continuando ad insistere sul combattimento manovrato come tattica principale del pilota da caccia e, di conseguenza, non si potè prescindere da un costante ed univoco addestramento alla acrobazia. E giusto affermare che in ciò i piloti italiani eccellevano, e non avrebbe potuto essere diversamente, ma quando comparvero i Macchi 200 e i G.50 tutto questo si rivelò sempre meno opportuno e possibile, o lo fu solo in parte. In definitiva l'addestramento della caccia italiana pretendeva di usare un monoplano come, o quasi, fosse un biplano. La stessa impostazione base dei Macchi 200 e simili, mantenevano l'armamento biarma dei CR.32 e non si gradiva un aumento del carico alare per conservare facilità di manovra, cosa che sarebbe accaduta se, ad esempio, si fossero montati un paio di cannoncini o due armi alari sui monoplani. Quando si è parlato di questo particolare ed importante aspetto della « loro » guerra aerea con altri piloti italiani, tutti (o quasi) hanno sottolineato che le capacità acrobatiche loro insegnate avevano consentito di salvarsi da una situazione spesso critica o permesso una vittoria.
Ma se questo è indubbiamente vero, non potrebbe essere altrettanto esatta l'asserzione che con tattiche più opportune e adatte ai monoplani si sarebbero conseguite maggiori vittorie e persi meno piloti? D'altra parte, all'estero non si è seguita la via italiana. A tali osservazioni, il nostro interlocutore ha convenuto che per molti piloti, specie veterani, passare, ad esempio dal CR.32 al Macchi 200 fu un vero shock! Il carrello retrattile, con le sue inusuali procedure di comando, il tettuccio chiuso, la frequente possibilità che quel monoplano entrasse in autorotazione nelle «tirate» troppo strette, misero in crisi più di una squadriglia. Per i piloti della generazione giovane, invece, fu più facile un pò tutto; il CR.32 veniva si apprezzato, ma non era il « faro » delle loro aspirazioni. Sarebbe certo occorsa una migliore preparazione tecnico-psicologica intermedia con più voli sul Nardino e G.50 biposto: Noi, praticamente, si faceva dei giri campo con i monoplani ora detti, poi subito sul 200 che non era un apparecchio facile, ma per esperti. A parte i noti difetti di autorotazione, la potenza in quota era irrisoria: sui 7.000 metri con la manetta del gas tutta aperta, si galleggiava in aria e un combattimento in tali condizioni diveniva problematico e spesso votato all'insuccesso. Il Macchi 202, invece, non determinò sorprese e fu gradito da tutti; in pratica lo si doveva considerare un netto miglioramento rispetto al Saetta sotto ogni aspetto. Certo l'Ing. Castoldi aveva lavorato bene grazie anche all'ottimo motore DB.
Nel pilotaggio, il 202 perdonava tante cose, certo molte di più che non il fratello minore. Il motore si comportava indubbiamente meglio sia in quota che in decollo; all'inizio del '42 si aveva la sensazione di avere fra le mani qualcosa di simile o di meglio degli avversari della RAF o degli alleati tedeschi e, come si sa, il morale è fondamentale per lo spirito combattivo di un buon cacciatore.
Compiendo il passaggio dal 200 al 202, non vi erano difficoltà di sorta; tutto si conosceva ed era stato migliorato. Riguardo all'armamento, si confermò la buona qualità delle Breda-SAFAT calibro 12,7, ma ci accorgemmo con sorpresa che le armi erano rimaste sempre due. Come calibro e portata di tiro andavano benissimo per caccia e bimotori leggeri, ma contro i bombardieri quadrimotori si sentiva la necessità di dover triplicare il numero delle mitragliatrici o meglio, di poter contare su un cannoncino con possibilità di tiro più efficaci. Io stesso me ne accorsi quando attaccai su Messina una formazione di Liberator; mi presi una bella impallinata, rimasi ferito e riuscii solo a far fumare il motore ad uno di quei bestioni. Sui concetti di attacco e di combattimento manovrato, non vi erano direttive superiori: quel che si faceva veniva elaborato in squadriglia per iniziativa dei comandanti. Debbo dire che il mio comandante, Capitano Gostini, ci faceva compiere trasformazioni « a libro », finta caccia, coppia, volo in fila indiana e qualche altra manovra, ma ripeto, tutto frutto di iniziative locali. Per le tattiche di intercettazione ai bombardieri si ricevevano solo vaghe indicazioni, più compendio di precedenti esperienze che basate su particolari informazioni. Ad esempio, il Wellington dovevamo colpirlo all'incastro alare, ma era sempre un velivolo difficile per le nostre due sparute 12,7 anche se poco veloce.
Rammento che il mio primo combattimento sostenuto proprio col 202, lo conducemmo a fondo assieme a Valtancoli contro un Wellington al largo di Pantelleria. Ebbene il bimotore si assorbì almeno 700 proiettili mentre, bassissimo sul mare, si difendeva strenuamente e filava a tutta manetta. Poi, improvvisamente, mentre eravamo sul punto di mollarlo per termine autonomia, sbandò e si infilò in acqua. Dovendo dare un giudizio globale sul Folgore, potrei confermare che si comportò sempre ottimamente; le armi non mi si incepparono una volta sola. L'apparato radio, unico aspetto non positivo di questa mia valutazione, non brillava per potenza e qualità generali. Il sistema di raffreddamento non presentava noie di sorta; solo in Tunisia, col clima molto caldo, non era conveniente indugiare in soste prolungate prima del decollo in rullaggi lunghi poiché il glicol poteva entrare subito in ebollizione. Le varie apparecchiature di bordo, collimatore, sgancio del tettuccio ecc., avevano un impiego del tutto normale e senza problemi. Come detto si sentiva la mancanza di uno o più cannoncini e sarebbe stata auspicabile una certa potenza in più oltre i 6.000 metri. Non a caso, successivamente, nacque il Macchi 205 che altro non era se non un 202 col DB 605 di maggior potenza e che, mi consta, riunì in se non poche di queste prerogative che noi sentivamo assenti o scarse nel 202.
Fra i cacciatori avversari, debbo dire che i britannici, specie su Malta, si comportavano molto bene: erano uomini agguerriti e ottimi piloti, pur se favoriti nel loro « lavoro » dalla limitatezza degli obiettivi e dagli apparati RADAR installati sull'isola. In Tunisia, invece, si poteva incontrare di tutto, dal pivellotto all'Asso dato che volavano britannici, francesi polacchi, americani, ecc. Riguardo a questi ultimi, non rammento duelli con loro; incontrammo spesso e attaccammo i bombardieri, bi e quadrimotori la cui precisione di sgancio si palesava quasi sempre assai approssimativa. Riguardo ai piloti germanici, a parte le macchine più armate e potenti, non rammento loro particolari doti distintive, oltre l'alta combattività. A noi pareva anzi che « tirassero » poco, cioè fossero poco acrobatici, ma potrebbe essere questo mio giudizio suggerito dalla deformazione professionale dell'acrobazia « a tutti i costi » che pervadeva i piloti da caccia italiani di quei tempi.
A questo punto il nostro « cacciatore » ci ha narrato due sue avventure che lo hanno visto protagonista assieme al Macchi 202, avventure vissute in Tunisia nell'aprile '43 un periodo, cioè, difficilissimo per i pochissimi caccia della Regia Aeronautica presenti nel settore che dovevano vedersela in ogni circostanza con nugoli di apparecchi Alleati. Tutto si svolse nello spazio di due giorni.
— Eravamo di turno per intervenire su allarme il 6 aprile sul campo di Enfidaville assieme al Serg. Guarnaccia e al S. Ten. Caliani; faceva caldo e il Sottotenente si era leggermente assopito per la gran stanchezza dei voli ininterrotti. Quasi all'improvviso scorgemmo una formazione di bimotori scortati avvicinarsi al campo, chiamammo immediatamente Caliani mentre noi si balzò sui velivoli decollando subito. Da un campo vicino stavano alzandosi anche alcuni Messerschmitt 109 tedeschi.
Cominciammo a fare quota rapidamente cercando di attaccare dal basso e di sorpresa i bombardieri e i caccia, circa sei Spitfire che in scorta ravvicinata seguivano i bimotori. La manovra stava riuscendo e ormai vedevamo distintamente la dozzina di Boston e Marauder, non rammento bene, quando uno Spit si accorse del nostro arrivo e prese a battere le ali, stranamente però, senza comunicare via radio l'avvistamento. Forse doveva aver l'apparato radio in avaria altrimenti non sarebbe stato necessario per quel pilota, sorpassare tutta la formazione battendo le ali, sparando raffiche di avvertimento. Il segnale fu subito inteso benissimo tanto che i caccia si aprirono immediatamente per evitare la minaccia. Il velivolo che aveva eseguito tale manovra, dovette richiamare, dato che si volava ad appena 1.500-2.000 metri, e me lo trovai ottimamente inquadrato nel collimatore. La raffica non lo sbagliò e, rovesciandosi, cominciò a fumare precipitando velocemente verso terra ove si infranse. Il 202 di Guarnaccia agganciò anch'egli uno Spit che incendiò con poche raffiche precise. Nel frattempo i bimotori serravano ulteriormente, mentre i mitraglieri di bordo sparavano da tutte le parti. Anche la caccia di scorta, superata la sorpresa iniziale contromanovrava e contemporaneamente, l'altra formazione di Spit in quota come protezione indiretta, picchiava velocissima per intercettarci. Ma ormai io e Guarnaccia stavamo filando sotto la formazione dei bombardieri dopo aver sparato alcune raffiche contro i bimotori più vicini e non poterono raggiungerci. Tutto si era svolto in pochi secondi. Nel combattimento non vedemmo il Sottotenente Caliani e purtroppo apprendemmo che, decollato subito dietro di noi, il suo 202 fu scambiato dai Me 109 tedeschi per un caccia isolato avversario e abbattuto.
I cacciatori Alleati, pur restando sufficientemente in quota, cercarono lungo la rotta di rientro di finirci non mollandoci per oltre 50 chilometri. Tuttavia, filando a pelo di terra, riuscimmo a tenerli a bada e rientrammo normalmente alla base. I miei specialisti contarono « appena » 84 fori di proiettili sul mio Folgore. Se pur occorreva un'altra prova della robustezza del velivolo!
Tempo di riposare poche ore e per il giorno dopo venne programmata una delle solite crociere d'interdizione contro le numerose formazioni avversarie che scorrazzavano per il fronte e sulle retrovie. Si andava col presupposto di fare baruffa e in queste missioni erano inviati solo i piloti più esperti, considerando la disparità di numero cui inevitabilmente si andava incontro. (N.d.A. In effetti l'Alto Comando della R. Aeronautica spingeva a dimostrare forte vivacità bellica, anche se i Reparti su quel fronte avevano una consistenza a volte sparuta).
In certe occasioni ricevevamo indicazioni dalla nostra biga sulla presenza di aerei avversari in un certo settore, specificandolo con riferimenti ai quadratini della carta geografia. Ad esempio, nel gergo si riceveva il fono al quadratino X in arrivo una biondina di cinquant'anni; significava che in tale settore stava giungendo una formazione di cinquanta apparecchi. E probabile che il nostro Carro 1000 ricevesse le informazioni anche dai radiolocalizzatori germanici. Se non si avevano note precise, invece, si volava con una certa rotta e qualche cosa si incontrava di sicuro. Quel 7 aprile si doveva decollare da el Djem in cinque al comando del Ten. Tito Valtancoli ed a noi avrebbero dovuto unirsi altri cinque Macchi 205 del 1° Stormo provenienti da Pantelleria. Erano questi i nuovi caccia della Macchi che potevamo finalmente ammirare e invidiare alle loro prime uscite. Di solito tali apparecchi del 1° Stormo non si fermavano mai in Tunisia se non per soste tecniche. Provenienti da Pantelleria, si limitavano a fare crociere, scorte, attacchi sul fronte, poi rientravano in Italia. Sul campetto sassoso, mentre gli specialisti armeggiavano attorno ai « loro » apparecchi, noi piloti si presero i contatti necessari per la rotta e tattiche da seguire con i colleghi del 1° Stormo. Certamente i nostri 202 non erano molti dissimili dal 205; esternamente si poteva apprezzare la rifinitura tecnica dei due radiatori dell'olio intubati: eppure il loro aspetto tradiva le ore di volo che rispettivamente avevano sulle spalle. I Folgore sembravano stanchi, ia ioro vernice era graffiata e larghe abrasioni rilevavano i punti più esposti all'usura, come l'abitacolo, il motore. Riparazioni sommarie si intravedevano qua e là. I Veltro dal loro canto, mostravano una «livrea» praticamente nuova, poche abrasioni e nessuna ammaccatura. Davano l'impressione delle truppe quando si alternano in prima linea incontrandosi sui camminamenti: chi va verso le retrovie, stanco, gli abiti dimessi e laceri, lo sguardo annebbiato, quelli che vi giungono, freschi, ben vestiti ed armati quasi bramosi di cimentarsi con l'avversario. La sola differenza era che noi, pur stanchi e mal messi, in linea dovevamo rimanerci egualmente, rattoppati e sdruciti.
Dopo il decollo, seguì una normale crociera sui 5.000 m. come stabilito, con i 205 leggermente più alti di noi, e stavamo solo attendendo l'inevitabile duello con gli altrettanto inevitabili britannici, quando mi accorsi che più bassi, ma già protesi a fare quota, si profilavano diversi Spitfire. Noi stavamo virando a sinistra e subito segnalai al Tenente Valtancoli la presenza dei cacciatori Alleati, ma lui non comprese immediatamente il mio cenno. Allora io sfilai sotto, mi incollai dietro al primo Spit della formazione colpendolo ripetutamente. Il «nemico» incassava duramente cominciando a fumare mentre pezzi di lamiera si staccavano dalle ali e mi volavano, sfarfallando, incontro sfiorandomi. Perdevamo quota rapidamente quando, inattesa, una raffica di mitraglia mi colpì in pieno facendo schizzare via il tettuccio e crivellando il mio cruscotto che andò in pezzi. Mi accorsi che, a mia volta, ero stato agganciato da un altro Spit e stavo ricevendo la mia nutrita razione di proiettili. Eravamo quasi in candela e la velocità superava abbondantemente, per il mio Folgore, il massimo consentito dei 650 km/h. La cloche vibrava violentemente e il fumo aumentava annebbiando e rendendo irrespirabile l'aria. Non potevo lanciarmi a causa della elevata velocità e, d'altra parte, non ero in grado di richiamare l'apparecchio poiché il mio avversario non mi mollava e continuava a sparare raffiche precise. La superficie giallastra del terreno si avvicinò in pochi attimi; cominciavo anche a distinguere i particolari del sassoso deserto intersecato da chiazze paludose. A questo punto, il pilota dello Spit si accorse che per me non vi era scampo e richiamando, allentò la presa. Col fedele 202 veramente mal ridotto, ma ancora manovrabile, non avevo altra alternativa che rischiare un atterraggio sul ventre. Mi trovavo all'interno della Tunisia verso Gabes e il caldo era opprimente; l'indicatore segnava circa. 400 km/h. ma l'aereo, che continuava a bruciare, non riusciva più a tenersi in aria. Adocchiato uno spiazzo abbastanza pianeggiante, decisi di scendervi col carrello naturalmente retratto e... sperando in bene! Stavo per toccare terra quando innanzi a me si aprì il canalone di un uadi, sarebbe stato impensabile prendere terra in quel mare di ciottoli. Tirai decisamente la leva e, con tutta la velocità residua, sfiorai, ma superai l'uadi, per scivolare inesorabilmente oltre l'argine. In un gran polverone e fra il rumore assordante di lamiere che andavano in pezzi, il Macchi finalmente si fermò; ancora fumante e molto mal in arnese, mi aveva salvato la vita.
Abbandonai immediatamente la carcassa non restandomi che tentare di avvicinarmi alle nostre linee, ovviamente a piedi. Orientandomi col sole, calcolai che nella velocissima picchiata potevo avere guadagnato una cinquantina di chilometri in direzione delle posizioni italo-tedesche.
Di giorno il caldo era soffocante e senz'acqua ne viveri, era veramente insopportabile. Di notte faceva freddo e l'orografia della zona non offriva risorse naturali di alcun genere; né frutti né scarse polle d'acqua e malsicuri ripari naturali. D'altra parte temevo di imbattermi negli arabi della zona poichè calzavo un paio di stivali di pelle nuovi e sapevo per esperienza che pur di impossessarsene, gli autoctoni non badavano al sottile; ero armato, ma anche solo.
Dopo un paio di giorni di faticosa marcia, incontrai i primi beduini che, tenuti a distanza dalla pistola, mi indicarono la direzione ove avrebbero dovuto trovarsi i reparti dell'Asse. Dopo altri chilometri, ecco un paio di carri germanici in fase di ritirata. Mi feci riconoscere, venni caricato a bordo e fui trasportato ad un distaccamento del nostro Esercito composto da quattro automezzi carichi di ... mine. Erano genieri intenti a minare la rotabile prima della ritirata. Si trattava di ragazzi veramente in gamba, ma avrei preferito qualcosa di più « calmo » e meno « esplosivo »! Questi uomini mi confermarono la fase di ripiegamento in atto; per poche ore ero riuscito a raggiungere i nostri, altrimenti sarei caduto prigioniero degli Alleati. Dopo un caracollante trasferimento di 120-150 chilometri con tali automezzi, raggiunsi di nuovo la mia Squadriglia ove ero già stato dato per disperso poichè gli altri componenti della formazione mi avevano perso di vista.
L'indomani ripresi a volare e a combattere con uno dei pochi 202 rimasti efficienti, anche se ormai la lotta in Tunisia era a senso unico; praticamente ogni giorno altri combattimenti, altre perdite, altre vittorie.
Poi la prigionia in Gran Bretagna e di volo non se ne parlò fino al 1947, quando la Regia Aeronautica, diventata Aeronautica Militare, stava lentamente ricostruendosi dopo la bufera.
Ma sull'argomento voglio dire ancora due cose: se dovessi fare un paragone fra il 202 e tutti gli altri caccia ad elica da me pilotati prima, dopo e durante il conflitto, potrei dire che il Folgore si equivaleva allo Spit V, a parte l'armamento, ma non poteva competere in prestazioni generali con lo Spit IX il Mustang e il Thunderbolt. Erano queste decisamente macchine di un'altra generazione, per strumentazione, apparati di bordo, motore, ecc. Forse lo Spit V permetteva una maggiore maneggevolezza del nostro Macchi, almeno per un pilota che lo conoscesse bene.
Italians Airplane story and details
Ezio BEVILACQUA
nato il 2 maggio 1917 a Savignano sul Rubicone (Forlì).
Deceduto in A.S.I. il 21 ottobre 1942 in seguito a ferite riportate in combattimento aereo
MEDAGLIA D’ORO (alla memoria)
R.D. 28 giugno 1943 (B.U. 1943 disp. 29 pag. 1785 e disp. 36 pag. 2183)
TENENTE A.A.r.n.
Pilota, in S.P.E. del 4° Stormo 10° Gruppo, 85.a Squadriglia
Pilota da caccia, in breve tempo, dava chiara testimonianza di fervore di combattente, di schietto ardimento e di ineguagliabile abnegazione. Durante una rischiosa azione di mitragliamento su un campo nemico, era costretto, in seguito ad avarie, a salvarsi col paracadute. Con temerarietà consapevole, onde evitare la discesa in terra nemica, si lanciava sul mare e, dopo sei ore di nuoto, sotto l'incessante infuriare del fuoco avversario, raggiungeva il nostro territorio. Successivamente, in giornata di cruenti combattimenti aerei, affrontava solo, contro tanti, una formazione da caccia. Nell'impari asperrima lotta abbatteva due avversari finché, più volte colpito con una gamba asportata e l'altra frantumata, riusciva con un supremo sforzo, ad affidarsi al paracadute. Giunto a terra, ai primi soccorsi dichiarava fieramente di aver vinto e, chiesti dei lacci, provvedeva da se stesso a legare il troncone della gamba, sopportando con romano stoicismo, il lancinante dolore. Poco dopo per il generoso sangue gorgogliato a rivoli dalla carne straziata, si chiudeva, in un alone di gloria, la sua eroica vita.
Cielo dell'Africa Settentrionale Italiana, agosto - 21 ottobre 1942.
Livio CECCOTTI
nato il 24 febbraio 1914 a Poggio Terzarmata (Gorizia).
Deceduto nel cielo dell'A.S. il 2 ottobre 1942 in combattimento aereo
MEDAGLIA D’ORO (alla memoria)
R.D. 3 maggio 1945 (B.U. 1945 disp. 12 p_g. 501 e B.U. 1959 suppl. 7 pag. 84)
CAPITANO A.A.r.n.
Pilota in S.P.E. del 41° Stormo 10° Gruppo, 90.a Squadriglia
Prode figura di soldato, pilota di alta capacità professionale, in numerosi scontri col nemico dava superbe prove idi ardimento, tenacia e valore. Più volte trovatosi per la sua stessa irruente aggressività in situazioni difficili, accettava la lotta risolvendola sempre vittoriosamente. Per due volte riusciva a riportare nelle linee il proprio velivolo colpito in parti vitali. Nel suo ultimo combattimento particolarmente aspro, cercato e voluto, profondendo come sempre tutto il suo eroico ardore, accettava un'impari lotta impegnandosi in un duello mortale contro cinque caccia nemici. Con precise raffiche di mitragliatrice abbatteva prima uno poi un secondo avversario; ma, sopraffatto, era costretto a lanciarsi col paracadute dal rogo fumante del suo apparecchio. Durante la discesa, barbaramente mitragliato, immolava la sua nobile e giovane vita tutta intessuta di luminoso coraggio, di consapevole audacia nell’Arma, del più puro eroismo al servizio della Patria immortale.
Cielo dell’A.S., 18 luglio - 2 ottobre 1942.
Paolo DAMIANI
nato il 5 ottobre 1917 a Cantù (Como).
Deceduto nel cielo di Capoterra (Cagliari) il 22 luglio 1943 in combattimento aereo
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
D.P.R. 9 ottobre 1951 (B.U. 1951 disp. 24 pag. 1727 e B.U. 1959 suppl. 7 pag. 9) in commutazione della Medaglia d'Argento di cui al R.D. 2 giugno 1944 (B.U. 1944 suppl. 2 pag. 5)
TENENTE A.A.r.n.
Pilota in S.P.E. del 51° Stormo 20° Gruppo, 352a Squadriglia
Pilota da caccia abilissimo, ufficiale di preclari virtù militari, combattente valoroso, intrepido ed aggressivo, impegnato col suo Reparto alla difesa di una nostra isola, pure in condizioni d'inferiorità numerica, trascinava i gregari in numerosi combattimenti sostenuti con indomita fede e noncuranza della superiorità dell'avversario. Durante uno di tali combattimenti in cui venivano sicuramente abbattuti dieci avversari, cinque probabili ed altri quindici danneggiati, offriva la sua giovane vita per quella fede che sempre lo aveva animato. Brillante esempio di abnegazione, di ardimento e magnifiche virtù militari.
Cielo di Capoterra (Cagliari), 22 luglio 1943.
Italo D'AMICO
nato il 9 novembre 1917 ad Agrigento.
Deceduto nel cielo del Golfo di Palmas il 27 maggio 1913 in combattimento aereo
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
D.L. 31 gennaio 1947 (B.U. 1947 disp. 7 pag. 355 e B.U. 1959 suppl. 7 pag. 186).
CAPITANO A.A.r.n.
Pilota in S.P.E. del 51° Stormo 20° Gruppo, Comandante della 151.a Squadriglia
Audacissimo pilota da caccia, combattente invitto incurante di ogni pericolo, partecipava senza interruzione dall'inizio dell'attuale guerra alle operazioni su vari fronti dimostrando in ogni circostanza indomito ardimento e suprema fede. Più volte decorato al V.M., figura adamantina di soldato e di combattente, proseguiva, guida ed esempio al suo reparto, nella intensa attività guerriera, abbattendo e danneggiando numerosi avversari in volo. Lanciatosi contro poderosa formazione nemica di bombardieri e caccia, che portavano l'offesa al suolo sardo, Sprezzante della stragrande superiorità numerica, in epica lotta profondeva fino all'ultimo le sue meravigliose energie nel cielo della battaglia.
Cielo di Malta, 25 agosto 1942 - 27 maggio 1943.
Leonardo FERRULLI
nato il 1° gennaio 1918 a Brindisi.
Deceduto nel cielo di Scordia (Catania) il 5 luglio 1943 in combattimento aereo
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
R.D. 2 giugno 1944 (B.U. 1944 suppl. 2 pag. 4) disp. 19 pag. 26 e B.U. 1959 suppl. 7 pag. 9)
SOTTOTENENTE A.A.r.n,
Pilota di Complemento del 4° Stormo 10° Gruppo, 91.a Squadriglia
Il cuore generoso, l'audacia eccezionale, l'abilità impareggiabile, avevano fatto di lui il simbolo eroico della nostra arma combattente. In numerosi aspri combattimenti per 20 volte piegò, vincendola, la baldanza nemica. Non ritornò da un meraviglioso combattimento nel quale, solo contro trenta, aveva ancora due volte fatto fremere il sacro suolo d'Italia con l'urto del nemico abbattuto. Nell’ora grave della Patria, sfatando l’alone di invulnerabilità che si era creato, volle additare a noi, ingiustamente superstiti, la via della gloria e dell'onore. Esempio luminoso di una vita posta con superba dedizione al servizio della Patria.
Cielo dell'A.S. del Mediterraneo e della Sicilia, 10 giugno 1940 - 5 luglio 1943.
GORRINI Luigi
nato il 12 luglio 1917 ad Alseno (Piacenza).
MEDAGLIA D'ORO
D.P.R. 28 gennaio 1958 (B.U. 1958 disp. 5 pag. 263)
SERGENTE MAGGIORE A.A.r.n.
Pilota Raffermato del 3° Stormo 23° Gruppo, 75.a Squadriglia
Audacissimo cacciatore del cielo, già distintosi per l'abbattimento di due aerei avversari, faceva rifulgere ancora le sue eccezionali qualità di combattente indomito, attaccando sempre e dovunque il nemico. In 132 combattimenti aerei col fuoco inesorabile delle sue armi abbatteva numerosi grossi bombardieri e ne colpiva efficacemente un numero ancora maggiore, prima di essere a sua volta abbattuto. Salvatosi col paracadute, ustionato ma non domo, tornava con coraggio inesauribile ad avventarsi contro l'avversario continuando a conseguire brillanti successi con l'abbattimento e il danneggiamento di altri aerei. Ineguagliabile esempio di ardimento e di dedizione alla Patria.
Cielo dell'A.S.I. - Egitto -. Grecia - Italia, 3 giugno 1941 - 31 agosto 1943.
Antonio LARSIMONT PERGAMENI
nato il 30 maggio 1912 a Villa D'Almè (Bergamo).
Deceduto nel cielo dell'A.S. il 26 giugno 1942 in azione di guerra
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
R.D. 10 maggio 1943 (B.U. 1943 disp. 22 pag. 1333 e disp. 30 pag. 1870)
MAGGIORE A.A.r.n.
Pil. in S.P.E. del 4° Stormo Comandante del 9° Gruppo, 97.a Squadriglia
Cacciatore affermatosi insuperabile nei più duri cimenti sostenuti dall'Ala Italiana, eroico ed entusiasta comandante di squadriglia e di gruppo, trascinatore e suscitatore di entusiasmo e di eroismo, riaffermava in innumerevoli combattimenti che lo vedevano più volte vittorioso, la sua tempra di superbo combattente dell’aria. La sorte affrontata e vinta sempre nell'azzurro del cielo lo colpiva sulla terra alle spalle mentre, già in territorio nemico occupato, si disponeva ad incalzare alla testa del suo reparto l'avversario in fuga. Erede e vessillifero della tradizione e dello stile del più puro e superbo combattentismo aereo, con il sacrificio della vita risaliva spiritualmente in quel cielo dal quale nessuno mai lo aveva visto discendere vinto.
Cielo dell'A.S.I., aprile-26 giugno 1942.
Franco LUCCHINI
nato il 24 dicembre 1914 a Roma.
Deceduto nel cielo della Piana di Catania il 5 luglio 1943 in combattimento aereo
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
R.D. 2 giugno 1944 (B.U. 1944 suppl. 2 pag. 4 disp. 19 pag. 26 e B.U. 1959 suppl. 7 pag. 8)
CAPITAN A.A.r.n.
Pilota in S.P.E. del 4° Stormo Comandante del 10° Gruppo, 84.a Squadriglia
Comandante giovanissimo di un gruppo da caccia. Pilota, animatore capo, capace, entusiasta convinto. Asso della caccia italiana idealmente puro. Volontario di guerra soffrì le dure pene della prigionia senza fiaccare lo indomito spirito. Affrontò sui cieli di tutti i fronti i piloti di tutto il mondo e nei duelli, sostenuti sempre cavallerescamente, fece brillare le qualità superbe del pilota e del combattente. Le vittorie innumerevoli non lo inebriarono. Convinto della missione da compiere continuò il lavoro con la stessa precisa volontà, esempio costante a tutti nell'adempimento sereno del proprio dovere. Tornò al combattimento con le ferite ancora aperte; sempre primo dove più dura e violenta infuriava la lotta seppe trasfondere agli altri i purissimi sentimenti di amore di Patria che lo animavano. In un epico combattimento sostenuto sopra il sacro suolo d'Italia contro avversari cento volte superiori, fu piegato dal fato avverso e non dall'abilità dell'avversario che aveva sempre nettamente dominato. Cadde da prode come da prode visse e seguitando la luminosa scia di Baracca continua con Esso ad additare ai piloti dei suo Stormo la vera eroica via da seguire.
Cielo de1l’A.S., del Mediterraneo e della Sicilia, giugno 1940 - luglio 1943.
Vezio MEZZETTI
nato l'11 febbraio 1907 a Olevano Romano (Roma).
Deceduto nel cielo di Malta il 17 dicembre 1941 in azione di guerra
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
R.D. 26 settembre 1942 (B.U. 1942 disp. 42 pag. 2234 e disp. 49 pag. 2637)
TENENTE COLONELLO A.A.r.n.
Pilota in S.P.E. del 1° Stormo Comandante del 6° Gruppo, 81.a Squadriglia
Comandante di un gruppo da caccia, dotato di rare e spiccate virtù militari, portava il proprio reparto al più alto grado di rendimento bellico. Circondato di eccezionale prestigio, primo tra i primi nell'ardire e nell'osare, cento volte affrontando forze preponderanti, conquistava molte superbe vittorie. In aspro combattimento, di fronte a numerosi avversari sdegnoso di ogni scampo, solo contro tanti, impegnava impari lotta, nella quale, dopo aver sparato fin l'ultimo colpo delle sue armi, cadeva da eroe, facendo olocausto in un alone di gloria della sua balda giovinezza alla Patria. Superbo esempio di comandante e di combattente.
Cielo di Malta, settembre 1940 - dicembre 1941.
Furio NICLOT DOGLIO
nato il 24 aprile 1908 a Torino.
Deceduto nel cielo di Malta il 27 luglio 1942 in combattimento aereo
MEDAGLIA D'ORO
D.L. 16 novembre 1945 (B.U. 1946 disp. 2 pag. 43 e B.U. 1959 suppl. 7 pag. 113)
MAGGIORE A.A.r.n.
Pilota di Compl. del 51° Stormo Comandante del 20° Gruppo, 151.a Squadriglia
Figura nobilissima di volatore e di soldato, tecnico impareggiabile e cacciatore arditissimo, si ergeva quale simbolo dell'aviatore italiano. In numerosi asperrimi combattimenti, alla testa dei suoi gregari che, dal suo ardire e dal suo valore, traevano esempio e sprone per le maggiori vittorie, abbatteva personalmente sei velivoli nemici e validamente contribuiva alla distruzione di molti altri. Di scorta a velivoli da bombardamento che venivano violentemente attaccati dalla caccia avversaria, durante una critica fase dell'azione, non potendo altrimenti difendere la formazione scortata si interponeva tra i nostri velivoli e quelli avversari facendo da scudo ai camerati del suo corpo e della sua ala. Nel gesto di suprema audacia e di sublime abnegazione, colpito da raffiche di mitragliatrice, mentre gli apparecchi da lui difesi potevano rientrare incolumi alla base, egli, scomparendo gloriosamente nella fiamma purissima del grande sacrificio, non faceva ritorno.
Cielo di Malta, 29 giugno - 27 luglio 1942.
Giuseppe OBLACH
nato il 2 febbraio 1916 a Cadoneghe (Padova).
Deceduto nel cielo dell'A.S. il 10 dicembre 1942 in azione di guerra
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
D.L. 22 dicembre 1945 (B.U. 1946 disp. 4 pag. 162 e B.U. 1959 suppl. 7 pag. 121)
Tenente A.A.r.n.
Pilota di Compl. del 4° Stormo 9° Gruppo, 73.a Squadriglia
Pilota di elette virtù militari e professionali, in tre anni di dura guerra combattuta nei cieli di una munita base nemica e del deserto africano, dava ogni sua forza ed ogni sua energia al successo delle nostre armi. In asperrimi vittoriosi combattimenti esempio ai prodi di valore e di audacia, cercava nel più della mischia il cuore del nemico per poterlo meglio colpire. Alla difesa di una formazione scortata, solo si lanciava contro dodici avversari nel tentativo disperato di una difesa estrema. Nella lotta ineguale, dopo aver abbattuto un avversario, cadeva con l'apparecchio in fiamme, consumando in un unico rogo il suo nobilissimo cuore e la sua fede più pura
Cielo del Mediterraneo e dell'A.S., luglio 1940 - 1° dicembre 1942.
Giorgio SAVOIA
nato il 18 gennaio 1916 a Milano.
Deceduto in A.S. il 12 marzo 1943 in seguito a ferite riportate in combattimento aereo
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
D.P.R. 24 dicembre 1948 (B.U. 1949 disp. 5 pag. 265 e B.U. 1959 suppl. 7 pag. 337)
CAPITANO A.A.r.n.
Pilota in S.P.E. del 2° Stormo 13° Gruppo, Comandante della 77.a Squadriglia
Comandante di squadriglia di rara perizia e di raro ardimento, sempre primo nel combattimento, nell'assalto e nella ricognizione lontana, conquistava gloria e vittorie al suo reparto, alla sua Arma, alla Patria. Durante una missione di scorta al velivolo del Generale Comandante della 5a Squadra, si scagliava contro una formazione nemica, quattro volte superiore alle forze da lui comandate, scompigliandola e infliggendole, da solo e in collaborazione, durissime perdite, e liberava dal deliberato attacco del nemico l'aereo del suo Generale, che raggiungeva incolume la destinazione. Nell'aspro combattimento veniva dalla preponderanza del nemico non già da una preponderanza di coraggio e di abilità, gravemente ferito ed abbattuto. Raccolto e portato in ospedale conscio della prossima fine, pronunciava fiere parole di attaccamento al dovere e di fede assoluta nei destini della Patria immortale. Spirava, in seguito alle ferite riportate, con orgoglio dei prodi.
Cielo del Mediterraneo e dell'A.S., 11 giugno 1940 - 27 aprile 1942 - 10 luglio 1942 - 21 gennaio 1943.
Ferruccio SERAFINI
nato il 20 gennaio 1980 a Falcade (Belluno).
Deceduto a Maschiareddu (Cagliari) il 22 luglio 1943 in combattimento aereo
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
D.C. P.S. 2 agosto 1946 (B.U. 1946 disp. 19 pag. 1054 e B.U. 1959 suppl. 7 pag. 154) in commutazione della Medaglia d'Argento di cui al R.D. 2 giugno 1944 (B.U. 1944 disp. 19 pag. 24)
SERGENTE A.A.r.n.
Pilota in Commutazione ferma del 51° Stormo 155° Gruppo, 378.a Squadriglia
Ardito valoroso pilota da caccia, giovane temprato nelle più ardue e dure battaglie aeree, era sempre luminoso esempio e sprone per coraggio, aggressività e decisione. Anelando il combattimento, si offriva volontario quando maggiore era il rischio e non desisteva dalla lotta se non dopo aver sparato l'ultima cartuccia, collaborando efficacemente alle più brillanti vittorie del reparto e conseguendo magnifici risultati individuali. Nel corso di un accanito scontro con preponderanti formazioni nemiche, non pago del successo ottenuto con l'abbattimento di due incursori, uno sicuro e l'altro probabile, rimasto privo di munizionamento, si scagliava contro un terzo aereo avversario infrangendosi al suolo, in uno con esso, nell'ultimo supremo olocausto.
Cielo di Sardegna, 22 luglio 1943
Pietro SERINI
nato il 16 aprile 1912 a Toscolano Maderno (Brescia).
Deceduto nel cielo delle Isole Eolie il 25 giugno 1943 in azione di guerra
MEDAGLIA D'ORO (alla memoria)
D.C.P.S. 11 luglio 1947 (B.U. 1947 disp. 17 pag. 1267)
MAGGIORE A.A.r.n.
Pilota in S.P.E., Comandante del 161° Gruppo Autonomo 163.a Squadriglia
Comandante di un gruppo da caccia di eccezionale perizia e valore volontariamente ritornato in linea dopo un precedente ciclo operativo durante il quale riportava gravissime ferite conduceva il suo reparto a brillanti vittorie contro soverchianti forze avversarie. Sempre primo nell'impari lotta sempre presente ove più cruenta ferveva la mischia dimostrandosi degno continuatore della tradizione di valore dei cacciatori italiani cadeva da eroe additando ai gregari con il costante esempio spinto fino al cosciente olocausto della vita, la via da seguire per la salvezza della Patria.
Cielo del Mediterraneo Centrale, 4 giugno 1942 - 25 giugno 1943.