Volare è passione e vocazione, che riempie di sè una vita.
Adolf Galland
Bombardieri / Ricognitori
FIAT BR.20M Cicogna, immagini, scheda e storia
Scheda tecnica
CARATTERISTICHE
motore: FIAT A.80 R.C.41
potenza unitaria: cv. 1.000 A 4.100 m.
apertura alare: m. 21,56
lunghezza: m. 16,87
altezza: m. 4,71
superficie alare: mq. 74
peso a vuoto: kg. 6.850
peso a carico massimo: kg. 10.450
velocità massima: km/h. 410 a 4.250 m.
velocità minima: km/h. 120
tempo di salita: 10’ 38“ a 3.000 m.
tangenza massima: m. 6.750
autonomia: km. 2.750
decollo: m. 375
atterraggio: m. 300
armamento: 1 mitragliatrice da 12,7 mm. dorsale e 2 da 7,7 mm.: 1 frontale e 1 ventrale.
carico bellico: 1.600 kg. di bombe o spezzoni
progettista: Celestino Rosatelli
pilota collaudatore: Enrico Rolandi
primo volo del prototipo: MM. 274 il 10 febbraio 1936
località: Aeritalia (Torino)
DESCRIZIONE TECNICA
Velivolo da bombardamento, bimotore, monoplano a struttura interamente metallica. Fusoliera a struttura in tubi d'acciaio; rivestimento in dural nella parte anteriore, centrale e nell'estremità poppiera, di tela-cotone nella rimanente parte.
Cellula di tipo monoplano ad ala bassa a sbalzo rastremata, divisa in tre parti: piano centrale, a supporto dei motori, carrelli e serbatoi, più due semiali; profilo spesso tipo Fiat; struttura e rivestimento in dural anche negli ipersostentatori Zap e negli alettoni; coefficiente di robustezza 8.
Impennaggi a doppia deriva, controventati da montanti in acciaio; struttura in dural rivestita in tela; trim sui tre assi; verniciatura complessiva: Kg. 55.
Carrello retrattile a scomparsa parziale nelle gondole motori, ad azionamento idraulico a circuito indipendente tramite pompa meccanica o pompa a mano; ruotino non retrattile ammortizzato, non direzionabile a dispositivo di richiamo.
Motori su castelli in acciaio al cromo molibdeno, cappottature, con flabelli ad attuazione idraulica; eliche tripale Fiat a passo variabile e giri costanti; alimentazione tramite pompe meccaniche o manuale di emergenza (60 colpi al minuto) ; quattro serbatoi alari e due in fusoliera, blindati contro proiettili da 12,7 mm, per un totale di l. 3.620.
Impianto elettrico a 12 V, alimentato dal generatore a mulinello a scomparsa nella parte sinistra della fusoliera, con batteria e generatore di fortuna accoppiato al motocompressore Garellí; impianto pneumatico dotato inoltre di compressore meccanico Zenith sul motore destro, alimentante le bombole, i motori all'avviamento, i freni, lo sgancio delle bombe.
Equipaggio previsto di quattro componenti.
Cabina di pilotaggio riscaldata a posti affiancati, con seggiolino sinistro ribaltabile dietro a quello destro per l'accesso alla zona prodiera, portelli d'emergenza sul cielo della cabina; strumentazione completa per motori ed impianti, per la navigazione ed il pilotaggio, su pannelli ammortizzati: un indicatore di rotta radiogoniometrico, due anemometri da 460 km/h, due orizzonti artificiali, due giroscopi direzionali, due virosbandometri, due altimetri: uno da m. 8.000 ed uno da m. 1.000, due variometri, bussola magnetica e orologio; i tubi di pitot sono riscaldati; dalla M.M. 21709 cruscotti attrezzati al volo senza visibilità comprendenti tra l'altro un ulteriore indicatore di rotta radiogoniometrico e virosbandometri a 8 sensibilità.
Apparati ricetrasmittenti e radiogoniometrici nella postazione del marconista, con tavolo di lavoro, a destra poco avanti la porta di accesso di fusoliera; interfonico elettrico (fino alla M.M. 21715) successivamente a tubi acustici; impianto ossigeno fisso a 9 postazioni.
Apparato radio trasmittente R.A.530l e ricevente A.R.5, radio bussola P.3N con indicatore di rotta.
Abitacolo. prodiero sfinestrato con due seggiolini affiancati e porta d'accesso sganciabile sulla fiancata sinistra praticamente nel flusso dell'elica; sul pavimento, tra i fari di atterraggio, le macchine aerofotografiche; traguardo di puntamento Jozza G.3, manovella meccanica per l'apertura dei portelloni, selettore sgancio bombe pneumatico, anemometro, altimetro, giro-direzionale, manoliera comando timone di direzione, leva di sgancio centrale pneumatica.
Carico di caduta variabile tra: 2 da 800 o 500 kg., 4 da 250 kg., 4 da 160 A.S., 12 da 100 o 50 kg., 12 da 20 kg. contraeree o incendiarie, 12 da 15 kg. mina oppure: 1 da 800 kg. e 6 da 100; 2 da 250 kg. e 6 da 100; 576 spezzoni.
Armamento difensivo costituito da tre mitragliatrici. Due da 7,7 mm. con 500 colpi per arma: una prodiera in torretta tipo Breda R, l’altra in postazione ventrale a “mandibola”. Una mitragliatrice da 12,7 mm. con 350 colpi in torretta dorsale retrattile MI. Le postazioni anteriore e dorsale sono girevoli tramite servomotori o congegno manuale: l'armiere ruota con esse.
PRODUZIONE
MM. 22236-22267 n. 32 (« M », febbraio-maggio 1940)
MM. 22605-22668 n. 64 (« M », giugno-dicembre 1940)
MM. 22669-22706 n. 38 (« M », dicembre 1940-aprile 1941)
MM. 22707-22756 n. 50 (« M », maggio-settembre 1941)
MM. 24102-24151 n. 50 (« M », settembre-dicembre 1941)
MM. 24351-24380 - n. 30 (« M », gennaio-aprile 1942)
MM. 24381-24395 - n. 15 (« bis », marzo-luglio 1943)
CREDITI
Autori Vari Dimensione Cielo vol.5 Bombardieri Edizioni Bizzarri, Roma 1972
Italo De Marchi FIAT BR.20 STEM Mucchi, Modena 1976
Autori Vari Monografie Aeronautiche Italiane (n.55), Roma 1985
Paolo Waldis e Ferdinando Pedriali FIAT BR.20 II parte La Bancarella Aeronautica, Torino 2006
Storia aereo
Storia pilota, aviatore
Ero in licenza quando arrivò il telegramma di convocazione, dovevo rientrare al più presto a Novara. Dopo il calderone della Francia c'era stato un po' di riposo ma non ci illudevamo. Io non condividevo gli entusiasmi di certuni, mi pareva evidente ci attendessero anni duri, pieni di dolori e con poche soddisfazioni. I colleghi della caccia erano alle prese con la messa a punto dei nuovi monoplani a motore radiale e pareva ci fossero dei problemi, tirava una certa aria di perplessità, guardavano con ammirazione ai Bf 109 e gli Spitfire già di larga fama, dall'America giungevano meraviglie almeno sulla carta. I francesi li avevamo bene incontrati anche noi nella calda giornata del 21 luglio, neanche due mesi prima, si erano battuti bene contrastandoci con accanimento e ne avevo visto più d'uno vicino che tirava a tutta birra attaccato all'elica con il grosso motore stellare (Bloch 151 della A.C. 3). Quel giorno c'era stato da sudare mentre si navigava tra cumulo-nembi con squarci di azzurro sulle isole Hyéres a mosaico lungo la costa. Se io me la cavai non fu lo stesso per altri. Poi s'è sentito che il secondo pilota Goracci lo ammazzarono a badilate in un giardino appena sceso. Quell'equipaggio fu proprio sfortunato, si lanciarono tutti e non si salvò nessuno, il primo pilota Sammartano non fu recuperato in mare, uno arrivò a terra finito per le ferite riportate, un altro fu centrato dal tiro contraereo mentre scendeva appeso al Salvator, bella roba. Credo sia stato, quello di Goracci, l'unico caso del genere capitato a un pilota italiano in quel periodo. Certo non era stato molto carino andare a pestarli già vinti dai tedeschi, il morso deve essere sembrato proprio infame.
Del B.R. 20 non ci lamentavamo troppo, una volta presa la mano e conoscendone qualche particolarità si andava abbastanza tranquilli, non era difficile, stabile, con buona potenza, si arrampicava bene.
Alla stazione di Novara arrivare con l'autobus a Cameri era questione di poco sfiorando le vecchie cascine con muggiti e odore di stalla, mi ricordo di una contadina in grembi e fazzoletto sui capelli piantata sulle gambe a guardarci perplessa. Le Cicogne erano tutte là in bell'ordine, non si temevano proprio sorprese.
La notizia fece sensazione, s'andava a bombardare gli inglesi e io la presi con filosofia, se era da vivere anche questa andiamo dunque sull'isola delle nebbie, mi impensieriva il pensiero dello Spitfire. I giornali erano pieni di immagini di distruzione a Londra, poveracci.
Decollo in formazione si partì belli vuoti salvo le nostre valigie e viveri di fortuna, un bel viaggio di 1.500 km. a zig-zag. Scartata la via francese non praticabile, un viaggio facile sulla carta da farsi magari tutto d'un fiato: Il primo salterello fino a Trento era uno scherzo con la grande superficie del Garda e la stretta e lunga valle dell'Adige come un budello. Era ancora aria di casa con le Dolomiti e il Brenta così prossime che sembrava di toccarle, tutte scure con un po' di neve sulle cime più alte. C'era il problema del ghiaccio sulle eliche, se si formava non c'erano santi, si veniva giù diritti e si salvi chi può ma la stagione era ancora buona. A bordo ben presto il radiotelegrafista aveva innestato il riscaldamento distribuito dalle bocche in rete gialla di ottone. Bisognava fare ancora quota, lasciando l'Italia il tempo si guastava, sorvolammo il Brennero. A Monaco i camerati erano cordiali, e via per Francoforte immersi nella nebbia, sopra il cielo s'era coperto e solo un momento si intravide sulla destra il Meno sinuoso. Qualcuno s'era perso ma la nostra pattuglia filò diritto solo con qualche incertezza. Si arrivò a Liegi stanchi morti. Dopo aver abbandonato gli aerei ci buttammo nei lettucci che ci avevano preparato, e meno male che prudentemente non si giunse direttamente sui campetti operativi. Era un brutto affare, a destinazione eravamo arrivati in quasi la metà, addirittura certi erano caduti, moltissimi avevano perduto la rotta e i più fortunati erano finiti a cercare un aeroporto intorno alla prima città che incontravano, uno era stato guidato da un biplano alzatosi per guidarlo a segni. La radio funzionava veramente male, slittava di frequenza e si restava isolati, navigare a bussola e occhio era un problema di azzardo per quanto si andasse bassi. Molti arrivarono giorni dopo ma più che pive c'era aria di bestemmie, morale piuttosto basso, al 13° era ancora peggio. Infine noi schieravamo 37 aerei, loro 38. Si sentivano cose turche, reazione forsennata degli inglesi, cadere nella Manica sarebbe stata una quasi sicura fine per freddo, onde e nonostante gli idrosoccorso tedeschi e inglesi quando possibile addirittura fermi nell'acqua a attenderci, talvolta quasi affiancati. Tra corsi, lezioni, voli ci fu il tempo di andare due volte a Bruxelles e una in visita alla caccia.
Bombe e tutto l'armamentario di mille cose arrivava in ferrovia spesso in ritardo. A Chiévres eravamo sepolti fra alberi scheletriti e reti mimetiche, gran daffare degli avieri a dipingere di scuro, le sigarette erano migliori delle nostre le donne no. La prima missione notturna la saltai mentre fui prescelto per l'azione concentrica dell'11 novembre, tutto un piano preordinato accuratamente che naturalmente andò all'aria. Il congegno doveva funzionare con una abbondante scorta di C.R. 42, i cinque 1007 bis monoderiva della 172a in azione diversiva più a nord su Great Yarmouth, i tedeschi in forze sul Tamigi, grande incognita gl'inglesi, sapevamo come avessero il radar e si battessero con fredda razionalissima predeterminazione.
Tempo pessimo al solito, l'obiettivo era assai vicino, neanche un'ora di volo e per cominciare si attese più di mezz'ora i caccia che non si vedevano attardati dalla nebbia. Eravamo dieci aerei piuttosto vicini, arrivati gli angeli custodi, ed erano veramente tanti più di noi, infilare diritti la Manica livida lasciando sulla destra la frastagliata costa olandese e giungere a Harwich proprio sulla riva fu affare di poco. Neanche quasi il tempo di vedere le due strette e lunghe insenature a radice di dente che gli amici disturbati ci piombano tempestivamente addosso prima dall'alto poi da tutte le parti, monoplani scuri (Hurricane) vomitanti fuoco dalle ali, una giostra alla quale ben poco si poteva badare stretti il più possibile; grandinava proprio, un inferno. Incassammo colpi anche noi ma per altri andava peggio, fumi e scie verso il basso non mancavano. Ormai la formazione era rotta e ognuno si arrangiava a rientrare al meglio. A forza di sparare certe armi avevano i colpi esauriti, meno male che non durò molto.
Poi sentimmo come i Cant fossero arrivati in ritardo e che alcuni 42 erano stati abbattuti oltre a uno sciame atterrato di fortuna sparse ovunque. Il colpo peggiore lo prendemmo noi visto che solo due aerei ritornarono proprio senza danni. Di giorno sull'Inghilterra non si andò più.