Uomini

Aerei sanitari

Il tema dell’aereo soccorso è tra i meno conosciuti dell’attività della Regia Aeronautica nella II guerra mondiale, pur non essendo affatto secondario: basti pensare che solo nei primi 18 mesi di guerra vennero trasportati dai vari fronti operativi (Africa, Albania, Russia) in Italia 13.203 feriti e ammalati, mentre nello stesso periodo le squadriglie di idro soccorso effettuarono 723 ricerche, compiendo 82 salvataggi, nel corso di cui vennero recuperate 338 persone di ogni nazionalità. Come simbolo del sacrificio di questa specialità si può citale quello dei sei Uomini di un Savoia Marchetti S.81 Sanitario abbattuto nelle vicinanze di Tobruk assediata, il 17 gennaio 1941.
Vanno però comunque ricordati esempi di umanità anche in settori di guerra terribili come quello russo; durante l’inverno 1942 un Caproni Ca.133S, nel corso di una missione di sgombero di feriti, è affiancato da due caccia sovietici che lo scortano a lungo entro le nostre linee: quindi i piloti nemici salutano il nostro equipaggio e si allontanano.

L’articolo che presentiamo venne ripubblicato, con qualche modifica, nel dopoguerra dall’ Autore, nel libro Gloria senza allori. (g)


CRDA Cant. Z.506S (ex B)



La guerra aerea nell'attuale conflitto, se ha ricalcato le orme già segnate in quello pre­cedente, ha avuto anche manifestazioni che in parte hanno rappresentato un'evoluzione rispetto alle caratteristiche già assunte dall'im­piego dei mezzi, in parte hanno dato forma ad uno sfruttamento nuovo dei mezzi stessi, in seguito ai progressi della tecnica ed alle neces­sità speciali via via scaturite dalla condotta delle operazioni in particolari ambienti geogra­fici, che nell'altra guerra videro scarsamente o non videro affatto l'impiego di velivoli.

 

Fra le nuove forme di sfruttamento dei mezzi aerei occupa un posto assai importante il soc­corso ad apparecchi sinistrati.

 

Mentre nell'altra guerra le linee di contatto dei contendenti erano rigorosamente delimi­tate nel settore terrestre, in questa si sono avuti vastissimi settori coloniali, nei quali le linee avanzate dei combattenti erano intervallate da zone disabitate o desertiche, occasionalmente e per poche ore intersecate da pattuglie esploratrici, senza contare che nella zona libica uno dei fianchi degli schieramenti si perdeva verso le desolate ed abbacinanti distese sahariane. La frequente discesa forzata di apparecchi in quel­l'immensità di spazio incontrollato, dalla mu­tevole conformazione esteriore, costrinse a ri­correre ad un rapido sistema di ricerca e di ri­cupero degli equipaggi infortunati.

 

 

Caproni Ca.309 Ghibli sanitario 

 

 

Mentre, poi, nell'altra guerra la limitata au­tonomia dei velivoli non consentiva molto mar­gine al loro impiego sulle vaste distese marit­time, in questa, l'aumentata potenza militare e le grandemente accresciute autonomie degli apparecchi hanno sempre più conferito a questi ultimi il carattere di protagonisti nella lotta sul mare, sicché l'asprezza assai più accentuata assunta dal contrasto aeronavale ha reso molto frequente la discesa in mare di velivoli sinistrati, rendendo sempre più assillante il problema del sollecito ricupero di equipaggi, affidati a mezzi galleggianti d'efficienza non duratura.

 

Furono queste le ragioni che dettero origine all'impiego del velivolo da soccorso, e in un secondo tempo alla formazione di reparti aerei speciali, addetti al ricupero del personale di volo infortunato. Da principio vennero im­piegati esclusivamente velivoli bellici normali; man mano, poi, furono anche studiati e costruiti apparecchi, opportunamente provvisti di tutto l'occorrente (personale e materiale) adatto ad apportare ai sinistrati il soccorso necessario e le prime cure sanitarie vere e proprie.

 

I bollettini di guerra hanno spesso accennato all'opera altamente umana svolta dai velivoli da soccorso, e ne hanno parlato solo allorché vi sono stati indotti dalla sleale ed illegale con­dotta della R.A.F., che così spesso ha bestial­mente inveito contro i bianchi velivoli rossocrociati, in fase di ricu­pero di sinistrati, il più spesso feriti, in balia del­le onde.

 

Ma quelle citazioni, la cui frequenza è stata una periodica denunzia dei criminosi sistemi di guerra anglosassoni, rivelano solo un aspetto, sia pure il più tragico, di un ser­vizio che si svolge nella penombra della guerra, nella quale solo il cozzo esteriore delle forze con­trapposte ha necessaria­mente rilievo. È bene, però, che il pubblico sap­pia di quanta umana so­lidarietà e di quali oscuri sacrifizi sia intessuta l'o­pera di piloti, specialisti, medici ed infermieri, ad­detti a questo importante servizio dell' Arma Az­zurra.

 

 

 Savoia Marchetti S.81 Sanitario

 

 

L'apparecchio da soc­corso agisce, di massima, in tre circostanze:

 

a) quando il velivolo sinistrato riesce a lanciare l'S.O.S,,- comunicando le coordinate del punto in cui l'incidente avviene;

 

b) quando il velivolo non torna alla base, né dà alcuna notizia di sé;

 

c) allorché una comples­sa operazione aerea in mare consiglia di farvi partecipare anche i velivoli da soccorso, in mo­do che il loro intervento provvidenziale sia imme­diato.

 

In ognuna di queste circostanze vi sono grosse difficoltà da superare. Nelle prime due esse riguardano specialmente la rotta da seguire per rintracciare i sinistrati: anche nel caso più favorevole, quando, cioè, si hanno gli elementi geografici per rintracciarli, le mutevoli condi­zioni di visibilità del mare, l'eventuale oscurità, le correnti marine di scarrocciamento, la rotta del battellino di salvataggio sul quale i naufraghi si saranno rifugiati, rendono molto problematico poterli individuare. intuitive poi sono le diffi­coltà che si presentano nel caso che la ricerca debba avvenire senza alcun elemento sicuro di orientamento. In tutti e due i casi l'offesa aerea. nemica ha carattere eventuale. Nel terzo caso,individuare i sinistrati è piuttosto facile, ma l'offesa aerea e navale nemica è incombente.

 

Accompagnamo mentalmente nella sua dura missione uno di questi bianchi velivoli, che sulla fusoliera e sulle ali ha ben dipinta la croce rossa, la quale dovrebbe renderlo immune da ogni offesa nemica. In base agli elementi a lui forniti o dal velivolo sinistrato o dai compagni di missione del velivolo non rientrato, il pilota fa i suoi cal­coli circa la rotta da seguire, mentre a bordo si appronta tutto ciò che serve a completare l'at­trezzatura fissa e mobile del velivolo sanitario (cime, salvagenti, battellini pneumatici, coper­te, ecc,). Il velivolo, con a bordo il medico o l'infermiere o tutti e due, accompagnato dai voti ardenti di tutto il personale. parte e dirige verso le solitudini di un mare a volte calmo, il più delle volte mosso, o addirittura tempestoso.

 

Non sempre si ha buona visibilità nei voli sul mare. Spesso un'intensa foschia mette a dura prova finanche l'abilità professionale del pilota, che non riesce a distinguere il cielo dal mare, al punto che, se non avesse a bordo ap­positi strumenti, difficilmente riuscirebbe a man­tenere la stessa linea di volo.

 

 

 Caproni Ca.133S I-BULA (MM.60184, 10a serie)

 

Caproni Ca.133S I-BULA (MM.60184, 10a serie)

 

 

Gli occhi dei componenti l'equipaggio scru­tano intensamente e nervosamente la superficie liquida sorvolata. Ogni tanto qualche schiarita, con la subitanea visione di un mare azzurro dalle onde increspate, il cui nitore contrasta mirabil­mente con la visione confusa e caliginosa precedente. Folate di nebbia o di nuvolaglia sfilac­ciata scorrazzano sotto il velivolo. Ogni tanto laggiù al limite d'orizzonte compaiono mostruosi agglomerati di nuvole dalle forme più strane: quelle che nella visione prospettica sono illu­minate dal sole, appaiono argentee ed in singo­lare contrasto con altre di colore oscuro, le quali, in un piano arretrato, si protendono in uno scenario fantastico, che solo la natura è capace di offrire all'occhio umano.

 

Che cosa rappresenta nell'immensità di un mare spumeggiante un minuscolo battellino con dentro pochi uomini, sfuggiti ad una dramma­tica vicenda, per viverne molto spesso un'altra non meno tragica della prima? Qualcosa come un guscio di noce, sballottolato dalla furia delle onde. Il pilota lo sa, ma sa pure che nella ri­cerca di quegli esseri è impegnato il suo amor proprio e tutta la solidarietà dell'Arma a benefizio dei sinistrati, ai quali egli è spesso legato da vincoli di strettissima amicizia. Sa che le vicende del suo volo sono ansiosamente seguite da colleghi, superiori ed inferiori. Per lunghis­sime ore, quindi, scruta quell'uniformità esa­sperante di mare mosso, cambia continuamente la quota del suo apparecchio, abbassandosi per meglio guardare nelle sinuosità mobili delle on­de, quando qualcosa di anormale si è presentato alla sua vista, ed innalzandosi quando vuole abbracciare più ampio orizzonte per la ricerca, A bordo è una tensione continua; tutti gli occhi sono protesi nell'ansia della ricerca e l'aereo, spesso tra l'infuriare degli elementi, tesse e ritesse la sua invisibile trama, e non si dà pace fino ad esaurimento della sua autonomia.

 

Quando il bianco velivolo riesce finalmente a scorgere sul mare l'oggetto delle sue ansiose ricerche, a bordo una grande gioia pervade gli animi, e tutta l'ansia e tutte le fatiche prece­denti vengono dimenticate.

 

 

 Caproni Ca.133S allestimento interno

 

 

S'inizia allora l'ammaraggio, nel quale il pi­lota condensa tutta la sua abilità professionale, specie se le condizioni del mare — il che avviene spesso — sono tutt'altro che benigne. Raggiunta la superficie del mare, s'inizia la non facile opera di salvataggio vera e propria, alla cui riu­scita sono di ostacolo il moto ondoso, le cor­renti di scarrocciamento, molto spesso le con­dizioni fisiche degli infortunati e non di rado l'attacco vile di aerei nemici.

 

Allorché i naufraghi sono finalmente ricupe­rati a bordo, vengono loro prestate le cure più urgenti dal medico o dall'infermiere, cure che vanno dal rifocillamento e dal cambio degli in­dumenti inzuppati alle provvidenze sanitarie più urgenti, che a volte culminano anche in un intervento chirurgico vero e proprio.

 

Compiuta la sua opera di ricupero, dopo una movimentata manovra, resa più difficile dall'aumentato peso, l'apparecchio riesce final­mente a staccarsi dalle onde e fila gioioso ed impaziente verso la base lontana. II marconista, col suo ticchettio, dà la lieta novella, ed a quell'annuncio al campo d'aviazione qualche ciglio s'inumidisce,

 

Questa la schematica esposizione del lavoro dei velivoli da soccorso, la cui opera non sem­pre, purtroppo, è coronata da successo.

 

Non meno drammatica che in mare si svolge l'azione di soccorso nel deserto o in zone cir­condate dal nemico, come più volte si è verifi­cato sul fronte russo. Allorché il salvataggio avviene su settori terrestri, l'offesa nemica è molto più probabile che in mare, data la mag­giore possibilità che l'avversario irradi la sua caccia in libera crociera.

 

Vari equipaggi ebbero a sacrificarsi in questo delicato servizio, e, fra essi vi furono 3 medici e sa infermieri.

 

A tutto il 31 dicembre 1942, senza contare i voli ed i salvataggi operati da normali apparecchi di squadriglia, le squadriglie da soccorso hanno eseguito 82 salvataggi, ricuperando 338 persone, fra le quali si trovano anche naufraghi tedeschi, e molto più spesso inglesi ed americani.

 

Dietro l'aridità di queste cifre è adombrata l'intensa passione di piloti, specialisti, medici ed infermieri, la cui opera silenziosa, non scevra di rischi, conferisce un soffio di poesia ed un palpito d'umana solidarietà a tante vittime della guerra, che debbono la loro salvezza all'opera provvidenziale del bianco velivolo da soccorso.

 

VINCENZO LIOY

 

CRDA Cant. Z.506S (ex B)

 

CRDA Cant. Z.506S allestimento interno

 

 

CREDITI
Le vie d’Italia, aprile 1941, anno XLIX numero 4
foto Archivio Centrale dello Stato

http://www.squadratlantica.it/