Uomini

Mussolini: scritti e discorsi sull'aviazione

Il fascismo non appartiene ancora alla storia, costituendo ancor oggi motivo di divisione e polemica. Pubblicare una raccolta di scritti di Mussolini sull’aviazione può quindi apparire pura apologia. In effetti però trattare l’aviazione storica in Italia senza occuparsi di chi ne guidò lo viluppo vorrebbe dire privare il lettore di un materiale prezioso. Questo volumetto (compreso nella serie “Le direttive del Duce sui problemi della vita nazionale”) ben si presta per comprendere come il tema dell’aviazione venisse concepito da Mussolini. Gli scritti abbracciano infatti un arco temporale ampissimo, dal 1909 sino al 1935. Un quarto di secolo che vedrà il passaggio da dirigente del PSI a interventista, l’impresa fiumana,la presa del potere. L’ultimo discorso è per l’inaugurazione del Centro Sperimentale di Guidonia, nell’aprile del 1935 ed in un certo modo conclude un ciclo: la stagione dei primati lascia il posto all’impegno bellico: Etiopia, Spagna ed infine la guerra mondiale.
Nel caleidoscopio d’immagini di Mussolini due risaltano: quella dell’antico romano e dell’aviatore: due immagini polari che richiamano un estremo passato, posto a fondamento dell’uomo e della nazione, e la padronanza delle più recenti conquiste della tecnologia. (g)




In questo momento [il secondo decennio del XX secolo] il più importante simbolo della mo­derna civiltà della tecnica è l'aeroplano. E Mussolini lo fa suo. Del resto, è già da tempo che vi presta attenzione. Anche qui il precursore è D'Annunzio, soprattutto con il romanzo Forse che sì, forse che no, scritto sotto l'impressio­ne della conoscenza diretta che D'Annunzio aveva avuto degli aerei al circuito di Brescia nel 1909. In quell'anno an­che Mussolini si è occupato dell'aviazione: sul « Popolo » di Cesare Battisti, il 22 luglio, in occasione di un tentativo di sorvolare la Manica, ha evocato non solo Ulisse, ma an­che Zarathustra, chiedendosi: « È forse finita la nostra do­lorosa preistoria? ». E sullo stesso giornale ha poi celebrato il tentativo di Louis Blériot coronato da successo, levando un inno al progresso: « Non più il dominio fratricida dell'uomo sull'uomo, ma il dominio dell'uomo sulla natu­ra, sulla vita, sull'universo ».

L'aviazione gli consente di conciliare il progresso con Nietzsche: si tratta infatti di un progresso che è opera degli eroi, non dell'« uomo normale », dell'« armento umano che non comprende la nobiltà del tentativo e cede solo all'evidenza della realtà », della « massa pigra che chiama follie le lunghe vigilie e le audacie immortali degli innovatori ».


Mussolini ha compiuto il suo primo volo completo nel 1918. Il secondo volo, con il sergente Antonio Stoppani, è ricordato dallo stesso Mussolini che lo carica di simbolo­gia. Guidare l'aereo equivale a comandare: la voce di Stoppani diventa « voce di comando ». Il velivolo è l'espressione della massima modernità, ma di una modernità piena di spiritualità: « Chi è quell'idiota che oserebbe negare un'ani­ma di origine divina ai motori? ». Anche l'ascesa verso l'al­to assume un particolare significato: Stoppani gli chiede: « Siamo a 1700 metri. Volete prendere ancora quota? ». E lui risponde: « Sì, ancora, ancora! ». L'aereo si impenna, ma Mussolini continua a incitare, gesticolando: « Ancora, An­cora! [...] Più in alto ».


Mussolini aviatore diventa il simbolo di una politica nuova, moderna, aperta al futuro, che sa mettere la tecni­ca al suo servizio. Al di là della simbologia, egli cerca an­che concreti rapporti con quella parte del mondo indu­striale che è impegnata nell'industria aviatoria, Caproni, Ansaldo, Fiat, Macchi, Breda. Nel marzo del 1921 parteci­perà a una sorta di Costituente dell'aviazione italiana in­detta a Milano in cui sarà chiesta, tra l'altro, la creazione di un ministero dell'Aviazione e a cui interverranno, in massa, industriali e tecnici. Mussolini vi dirà: « Tutti colo­ro che danno al problema dell'aviazione un valore esclusi­vamente tecnico o finanziario, cadono in un errore gravis­simo e fondamentale, dal momento che ne vogliono disconoscere l'importanza spirituale e, di conseguenza, politica ».

 

Aurelio Lepre Mussolini l'italiano Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1996
Cap. IV La conquista del potere pag. 91/2

 

 

 

 Benito Mussolini aviatore

 

INDICE

 

Prefazione

L'uomo ha conquistato l'aria

Il dominio dell'uomo sulla natura e sull'universo

Canta il motore

A Fiume

Ricordi

Il raid Roma - Tokio

Capire la bellezza e la necessità del volo

Un incidente

Creare una coscienza aviatoria nazionale

Commissariato per l'Aeronautica

E' necessario volare

Coscienza della responsabilità di Governo

Il problema della ricostruzione

L'implacabile battaglia

I traditori della Patria

Leggi per la navigazione aerea

Francesco Baracca

Un po' di statistica

De Pinedo

La vittoria del Norge

L'ufficiale italiano

I congressi internazionali

L'Atlantico mare Mediterraneo

La prima trasvolata atlantica

I trasvolatori oceanici

La seconda trasvolata atlantica

Saluto agli atlantici

Grandi manovre

Nascita di Guidonia

 

 

 

 

Paolo Orano ha esaminato l'edizione definitiva degli scritti e discorsi di Benito Mussolini (dei quali la Casa Editrice libraria Urlico Hoepli è l'unica editrice autorizzata dall'Illustre autore) ed ha estratto dai testi ufficiali editi a cura dell'Hoepli questi passi tematici che riguardano questo volume.

 

 

 

 

PREFAZIONE

 

L'aviazione italiana é pervenuta alla sua fase di assestamento organico. Anche il nostro Paese ha avu­to il suo periodo di sublimazione del volo, durante il quale nella gesta individuale si riassumeva lo sforzo verso il dominio dell'uomo sull'apparecchio. Le urgenti e crescenti necessità della difesa, la progres­siva quotidiana esperienza della superiorità dell'of­fensiva aerea hanno trasformato, appunto in questo ultimo periodo, l'arma alata da sussidiaria ed estem­poranea in normale e sostanziale. Essa è oggi l'Esercito dell'aria non inferiore in efficacia a quelli della terra e del mare, col suo vasto organismo gerarchi­co, la sua irreggimentazione, la sua fusione e presen­za nella integrità dell'azione militare della difesa e dell'offesa.`

 

Dal pilota candidato che si segnalava per il sol fatto di presentarsi e di offrirsi, si è passati al criterio della leva di carattere nazionale ed obbligatorio che verrà trovando la sua inesauribile disponibilità nella preparazione al volo dei cittadini sin dalla prima età. L'uso del mezzo più, veloce si è rivelato rispondere mirabilmente alle attitudini della nostra gente, por­tata così all'operare ardito come all'obbedienza, all'ordine, alla disciplina quando sia alto e indiscusso il comando. Perché si deve all'educazione fascista, alla febbrile gioia della gara, alla energia della fede, alla profonda coscienza della missione individuale nell'assoluto del dovere collettivo, che quella educa­zione ha generato, se oggi l'aeronautica può contare su di un'intera generazione anelante a provarsi ed a superarsi nell'esercizio del rischio. Questa novella anima aviatoria degli Italiani ha eliminato da sé il senso della paura ed ha estinto una tutta sua misura della vita che trova una soddisfazione definitiva nella più libera aggressività dell'ostacolo e del difficile. L'eroismo è diventato normale e si afferma in ogni ora, in ogni occasione. Si direbbe che il temperamen­to italiano abbia ritrovato se stesso nel ritmo veloce, sempre più veloce. Una vita lenta, come una storia lenta, non erano fatte per gli italiani. Nati all'azione, li tradisce chi consiglia e più tenta piegarli all'anali­si, alla contemplazione. L'avanzata per centinaia di chilometri attraverso alle valli, agli scoscendimenti, alle roccie, alle altissime catene montagnose dell'A­frica Orientale, ha provato una volta per sempre non soltanto l'energia e la tenacia della nostra gente ma la geniale capacità all'acceleramento con mezzi tec­nici e all'occasione con i muscoli e gli arti. Insomma, anche marciando a piedi, i figli d'Italia arrivano do­ve vogliono.

 

Lodare le virtù dell'aeronauta italiano, oggi, sarebbe fuori tempo. Il cielo è entrato nel normale, alla pari del mare e della terra. Pilota, marinaio, fan­te hanno adeguato la loro funzione, la loro missio­ne, il loro titolo morale e militare; Certo le ragioni del volo implicano ed esigono condizioni somatiche eccezionali del pilota. Il fante non ha bisogno della capacità visiva requisita nel pilota che è un selezio­nato e diciamo un privilegiato fisiologicamente. Non tutti i fanti possono pretendere a diventare piloti, ma quel che conforta è il trasporto con cui tutti co­loro che si trovano nelle condizioni organiche re­quisite ambiscano appassionatamente al volo e quel che commuove è l'innumerevole quantità di casi candidature all'aviazione da parte anche di giovanis­simi che sperano ed invocano una transigenza al ri­guardo del loro stato fisico che non può essere ac­cordata.

 

Certo senza il motore a scoppio un'impresa co­me questa che ci ha condotto all'Impero sarebbe sta­ta assai più faticosa. La via dell'aria ha premesso all'ardimentoso proposito del Duce l'esecuzione del programma di conquista e si deve all'aviazione e cioè al cuore imperterrito dei piloti, alla robustezza ed al­la sicurezza degli apparecchi, se il Comando ha po­tuto tesaurizzare la conoscenza geodetica, del terri­torio attraverso il quale le colonne occupatrici e re­dentrici hanno dovuto battersi e procedere.

 

Il Duce ha voluto che al periodo epico delle gare individuali e collettive che dilatarono la fama delle ali e dei piloti d'Italia a tutto il mondo, sotto il governo del Maresciallo Italo Balbo, seguisse quello della organizzazione definitiva dell'armata azzurra.

L'armata aerea può dunque farsi tutta nuova, tutta idonea a competere con quelle straniere le più progredite e dare al mondo l'esempio spettacoloso di un apparecchio capace di portarsi in undici ore da Roma all'Asmara alla velocità di crociera di 380 chilometri all'ora, portando due  tonnellate di carico offensivo con duemila chilometri di autonomia, o mille chilogrammi di bombe con millecinquecento chilometri di raggio d'azione, a velocità media di circa 400 chilometri all' ora che possono essere portati a 450. Giusto, sano e santo orgoglio di soldato al governo, questo. È proprio con l'anno XIII che Mussolini ha dato "l'ordine di marciare" e che l'industria italiana ha dimostrato di saper fare miracoli, corrispondendo con rigorosa adeguatezza alla necessità urgente ed all'aspettativa del governo. È proprio all'inizio dell'anno XIII che dato il formarsi del nuovo destino della grande industria aviatoria nazionale che ha moltiplicato impianti, maestranze e quindi la produzione impegnata a sostituire annual­mente la quinta parte del materiale. In questo breve intensissimo periodo si è segnato il massimo della esportazione pur rifiutando i nostri apparecchi ai pae­si sanzionisti, e gli sviluppi ed i successi della mac­china e dell'uomo e il rendimento dell'armata così minuziosamente e grandiosamente organizzata, sono tali e tanti che la confessione ed il rilievo delle dif­ficoltà, massime quelle della configurazione geologica dell' Italia in rapporto alla necessità di aumen­tare i campi d' atterraggio, non accorano più, non impressionano e suscitano l'ombra del dubbio.

 

PAOLO ORANO

 

 

 aereopittura

 

 

L’UOMO HA CONQUISTATO L’ARIA

 

« Ulisse del 26° Canto dell'Inferno rivive nell'aviatore che l'altro giorno ha tentato di valicare la Manica. « Piccola vigilia » e «Folle volo» come la navigazione dell'itacense che supera, nel simbolo dantesco, le colonne fissate da Ercole sulla rupe di Gibilterra quali limiti estremi e invincibili baluardi alle audacie degli umani.

« Latham é un eroe. La nostra età é eroica forse più delle antiche. Il mercantilismo non ha soffocato lo spasimo angoscioso ma salutare della ricerca; og­gi, come ai tempi mitologici degli Argonauti, l'uo­mo sente la nostalgia del grande pericolo e della grande conquista. Gli, eroi moderni si chiamano Nan­sen, Luigi di. Savoia, Shakleton, Latham. La parola che riassume e dà un carattere inconfondibile al no­stro secolo mondiale é « movimento ».

« Movimento verso le solitudini ghiacciate dei poli e verso le cime vergini delle montagne, movi­mento verso le stelle o verso le profondità dei mari, movimento verso il mistero che ci getta dal velario dell'inconosciuto il suo supremo perché.

« Movimento dovunque e accelerazione del rit­mo della nostra vita. I quattro primordiali elementi sono ormai in potere dell'uomo. La legge che ci for­zava a strisciare per atterra è superata. Il sogno d'Icaro, il sogno di tutte le generazioni, va traducendosi in realtà. L'uomo ha conquistato l’aria. E come il Pe­lio da cui Giasone mosse sui fragili abeti verso la Col­chide misteriosa fu tramandato nelle leggende, così lo scoglio di Sangatte da cui Latham si è lanciato al « folle volo » rimarrà nella storia.

« Venga dunque il poeta a celebrare i nuovissimi ardimenti della nostra età, a levare l'inno agli, eroi moderni, a cantare la perennità di questa vecchia stir­pe umana che va allontanandosi sempre più dall'ani­male.

O Zarathustra, è forse dalla rupe scoscesa di Sangatte che si è annunciato il crepuscolo del super­uomo? È forse finita la nostra dolorosa preistoria? ».

 

Articolo pubblicato nel 1909 sul Popolo di Trento, il giornale di Cesare Battisti, in occasione del tentativo di Latham di trasvolare la Manica

Mussolini Aviatore di Guido Mattioli — Pinciana, Roma.

 

 

 

 

 

 

IL DOMINIO DELL'UOMO SULLA NATURA E SULL'UNIVERSO

 

« Latham ha tentato il folle volo, Blériot l'ha compiuto: il primo rientra nella penombra; il secon­do è giunto all'apoteosi.

« La Manica, il canale delle tempeste continue e dalle acque grigie, é finalmente superata dall'aereo naviglio. All'annuncio della nuova conquista del genio e del coraggio latino, un ineffabile brivido di entusiasmo ci ha attraversato l'animo.

« I profeti dell'immobilismo, i pessimisti e gli scettici uniscono oggi la loro voce all'inno di trion­fo. L'armento umano che non comprende la nobiltà del tentativo e cede solo all'evidenza della realtà, la massa pigra che chiama follie le lunghe vigilie e le audacie immortali degli innovatori, abbassa il capo ammirando. E la vecchia domanda sale alle labbra. Chi l'avrebbe detto?

« L'uomo normale sente troppo la brevità tragi­ca della vita e dubita e non osa. Egli teme che tutto sia illusione, che il progresso non sia che un circolo vizioso nella perennità del tempo, nella vastità dello spazio.

«Le abitudini animali dell'esistenza si traducono in un sorriso di compassione per tutti coloro che vogliono correre il grande pericolo e togliersi, con un atto eroico, dalla mediocrità che li soffoca.

Eppure quali e quante superbe smentite ci ven­gono dagli uomini nuovi, da questi primi campioni della futura razza di dominatori, da questi spiriti in­quieti che danno il valore alla vita nel raggiungi­mento di un ideale.

«Sorga dunque sulla duna di Dover la pietra a ricordare l'evento, pietra che non é glorificazione di carneficine, ma segno di pace. Ché davanti alle conquiste del pensiero sulla materia, dell'uomo sulla macchina, scompaiono i piccoli odii nazionali; noi ci sentiamo portati alla vita multipla armonica vertiginosa, mondiale.

« Risolto il problema già un altro si affaccia, conquistata una cima, ecco altre mete più lontane; a qualunque terra appartengano, sia onore alle avan­guardie, sia gloria alle sentinelle perdute che ci preparano il cammino e realizzano la sintesi del pensiero e dell'azione.

«Non più il dominio fratricida dell'uomo sull'uomo, ma il dominio dell'uomo sulla natura, sulla vita, sull'universo. Dai vapori del sogno esce il pen­siero, la divina utopia madre del vero ».

 

Altro articolo sul Popolo di Trento, in occasione del tentativo di Blèriot, felicemente riuscito, di trasvolare la Manica (1909). Mussolini aviatore di Guido Mattioli — Pinciana, Roma.

 

 

 

aereopittura 

 

 

CANTA IL MOTORE …

 

Faccio la toilette aviatoria. Maglione, casco, oc­chiali. Mi lego con una forte cintura. Il mio posto è dietro al pilota.

—    Ci siamo? — mi domanda Stoppani.

    — Perfettamente.

—    A che altezza?

—    Anche oltre i 2.000. Come Vorrete.

—    Quanto tempo?

—    A vostro piacimento.

Poi fra il pilota ed il meccanico che fa girare l'elica si svolge un curiosissimo dialogo cabalistico.

Sento Stoppani che dice: Numero! Numero! Per due o tre volte. Poi un Via! imperioso.

La voce di Stoppani non e più quella, è diven­tata aspra. Voce di comando. I1 rombo del motore diventa rabbioso. Le erbe del prato sono piegate dal vento. Via! Siamo già in alto. Lo « Sva » si dirige verso i cieli come una freccia, dritto; in pochi se­condi abbiamo già preso quota, ci dirigiamo verso il Tirreno. La grande città è tutta piena di sole. Ma il mare ci sembra buio. Soffia un vento che ci schiaf­feggia, ma è appena percettibile alle ali. Il velivolo é di una stabilità impressionante. Sta veramente pog­giato sull'aria. E come canta nel motore. Come can­ta! Dolce, solenne, tranquillo, regolare. Chi é quell'idiota che oserebbe negare un'anima di origine di­vina ai motori?

A un certo momento, Stoppani abbandona i Co­mandi ed alza le braccia per alcuni minuti.

L'aeroplano va tutto solo, sul mare, alla velocità di 215 chilometri. Poi vedo Stoppani che mi allunga un portasigarette idi legno. Vi leggo scritto a matita:

Siamo a 1.700 metri. Volete prendere anco­ra quota?

— Si, ancora! ancora! — iscrivo in risposta. L'aeroplano si impenna quasi verticale. Ora dobbiamo essere in alto perché la terra mi appare lontana, lontana. Quanta serenità diafana nel cielo cre­puscolare.

— Ancora! Ancora — Gesticolo colle mani. — Più in alto!

Stoppani mi accontenta. Egli è un signore delle altitudini. La città ch'io guardo è ormai una macchia indistinta. Col calar della sera avverto strani giuochi di luci e di ombre tra le montagne e le valli dell'Appennino. È tempo di scendere. Il motore rallenta. Si ferma. Cominciano le ampie spirali di un Volo planato eseguito alla perfezione. Io sento in tutte le mie vene l'ebbrezza veramente dionisiaca dell’azzurro conquistato. Il contatto con la terra av­viene senza scosse, inavvertito. Pochi metri e lo « Sva » è immobile. Scendiamo.

 

Il Popolo d'Italia, luglio 1918.

E' la vibrante rievocazione di uno dei suoi primi voli, che egli fece su apparecchio « Sva », pilotato dal sergente Anto­nio Stoppani.

 

 

 

 

 

A FIUME

 

Durante l'impresa di Fiume Mussolini vola sul­la città olocausta e così egli stesso descrive il volo:

Il motorista prima di mettere in marcia il mo­tore, aveva scritto sull'ala dell'apparecchio una frase di saluto ai fratelli di Fiume. Poi Lombardi ed io siamo saliti sull'apparecchio. Le porte dell'hangar si sono spalancate (Novi Ligure) e noi abbiamo spic­cato il volo partendo di dentro al capannone, fra la meraviglia di tutti gli accorrenti.

Subito abbiamo raggiunto un'alta quota. Il cie­lo era denso di nubi. L'aria fosca, caliginosa. Sia­mo saliti. ancora. Abbiamo percorso la valle del Po, che fitte cortine di nuvole ci nascondevano. Poi da 5.300 metri di altezza, abbiamo veduto in un insie­me meraviglioso: Venezia, Trieste, Fiume. Visti co­sì da quell'altezza magnifica i tre porti adriatici, rive­lavano veramente il carattere idi connessione quasi direi di continuità. Esse apparivano come le parti di un sistema unico, indissolubilmente connesse e strettamente legate ad una stessa fortuna. Faceva un fresco terribile. Non avendo altra benzina che quel­la indispensabile a raggiungere Fiume (avevamo in tutto una disponibilità di volo maggiore di 15 minuti soltanto in più del necessario) abbiamo deciso di trasvolare rapidamente l'Adriatico e di dirigerci subito su Fiume. Quando siamo arrivati a Grobnico al campo di aviazione che si trova a nord di, Fiume, abbiamo atterrato. È inutile che vi dica le feste che ci hanno fatto gli aviatori. Inutile anche che vi descriva d'aspetto sublime, inebriante, della città del nostro cuore !

Dopo aver parlato del suo colloquio con D'Annunzio, così continua la descrizione del volo di ri­torno:

A mezzogiorno di mercoledì siamo ripartiti. A 4.000 metri di altezza una bufera terribile ci ha investiti in pieno. La bora minacciava di travolgerci. Abbiamo sfondato una densa cortina di nubi e ci sia­mo trovati sul mare, tra Capodistria e Grado. Allora siamo discesi a 500 metri, cercando un campo per atterrare. Siamo giunti sopra a Ajello, che di poco era suonato il tocco dopo mezzogiorno. Il rombo del motore ha attirato su di noi l'attenzione di tutta la gente. Da ogni parte abbiamo visto uomini accorrere intorno a noi, mentre l'aeroplano atterrava nel campo d'aviazione. Molti gridavano: «ferma! ferma! »,

Io sono disceso. Immediatamente il tenente Lombar­di ha ripreso il volo innalzandosi rapidamente per tornare a Fiume, mentre un brigadiere dei carabi­nieri, di giù, dai prati gli intimava di discendere.

— Chi é quell'aviatore? — mi ha domandato.

— Domandate piuttosto chi sono io. Mi chia­mo Mussolini. — ho risposto.

 

 

 

 aereopittura

 

 

RICORDI …

 

Anch'io ho fatto una piccola beffa a Sua Inde­cenza Nitti. Sono partito da Novi Ligure sopra uno SVA insieme ad un magnifico pilota. Abbiamo at­traversato d'Adriatico e siamo discesi a Fiume. D'An­nunzio ci ha accolti molto festosamente, perché ha bisogno di aviatori e di apparecchi. Ieri mattina al ritorno siamo stati colti da una bufera di « bora » sull'altipiano istriano. Abbiamo perciò dovuto devia­re dalla rotta e siamo atterrati ad Aiello. A Fiume ho vissuto quello che D'Annunzio giustamente chia­ma un'atmosfera di miracolo e di prodigio. Vi, por­to intanto il suo saluto. Egli si riprometteva di scri­vere un messaggio apposta per la nostra adunata.

 

Discorso tenuto all'inaugurazione dell'adunata fascista di Firenze il 9 ottobre 1919.

 

 

 

 

 

 

IL RAID ROMA-TOKIO

 

Si progetta un raid Roma - Tokio e Mussolini pensa di parteciparvi. Egli scrive perciò all'Ingegner Brezzi:

 

Caro ed illustre Ingegnere,

il latore non ha bisogno di esserle presentato. Egli viene, in mio nome, per concretare qualche cosa circa il raid Roma - Tokio al quale io intendo partecipare categoria " isolati ". Ella ricorda la vi­sita del mio redattore Bianchi. L'apparecchio ad hoc c'è? In caso affermativo, posso iniziare immediata­mente tutto il lavoro necessario per il volo?

Non credo necessario sottolineare che la mia partecipazione all'impresa, avrebbe un suo modesto, ma non meno notevole significato.

Attendo con fiducia e la riverisco.

MUSSOLINI

 

Cinque apparecchi sono destinati all'impresa e su questi egli non può trovare posto. Cerca allora di parteciparvi con un sesto apparecchio e scrive ancora all'Ing. Brezzi:

 

Caro ed Egregio Ingegnere,

Il tenente Bilisco col quale ho avuto un lungo colloquio, mi dice che io come giornalista, potrei seguire il raid Roma - Tokio. Il Comandante non avrebbe difficoltà, a che un sesto Sva, si unisse agli altri. Si tratta di prepararlo. Di prepararmelo. Io an­drei si capisce a mio rischio e pericolo. Se il magnifico Stoppani mi pilotasse ne sarei orgoglioso, ma io ho un pilota, il Malerba, che potrebbe sostituirlo.

Mi risponda subito, egregio Ingegnere e mi creda con simpatia e profonda stima suo

MUSSOLINI

Bilisco mi dice che l'A. 300 (quello di Varsa­via) andrebbe benissimo.

 

Nonostante ogni suo buon volere, egli non può partecipare all'impresa.

 

 

aereopittura 

 

 

 

CAPIRE LA BELLEZZA E LA NECESSITA’ DEL VOLO

 

La Gazzetta dell'Aviazione, diretta dal Longo­ni, inizia una campagna per dare agli italiani « una coscienza aviatoria ».

Mussolini aderisce al movimento con questa let­tera:

 

Carissimo Longoni,

tu sai che io sono un fanatico dell'aviazione e ho — inoltre — anche l'orgoglio di dire che dall'agosto in poi sono l'unico borghese che si diletti di solcare, quando Cagoia lo permette e anche quando non lo permette, le vie del magnifico cielo italiano.
Con questi miei precedenti tu puoi subito comprendere, che io apprezzo altamente la tua iniziativa e ti incoraggio a proseguire, per dare una "coscienza o mentalità aviatoria" agli italiani. L'Italia può, quindi deve raggiungere il primato aviatorio. I dati, gli elementi per raggiungere questo primato ci sono: basta, tutto al più, spazzar via i superstiti della vecchia mentalità burocratica. E' chiaro che un emorroico funzionario, che emargina pratiche con tanto di sopramaniche e di ciambella sotto il dere­tano, non può capire la bellezza e la necessità del volo.

Gli cacceremo la testa sotto l'elica in movimen­to. Mezzo sicuro di persuasione!

Auguri fervidissimi e contami fra i sostenitori della tua simpatica Gazzetta.

Tuo

MUSSOLINI

 

La lotta politica gli impedisce di proseguire le sue lezioni di pilotaggio. Il suo maestro lo sollecita ed egli risponde, il 6 ottobre 1920:

 

Caro Redaelli,

il suo svegliarino mi piace molto. Come ho telefonato domani mercoledì ricominceremo. Partirò col treno che giunge ad Arcore verso le 14. Va bene? Arrivederci e cordialità vivissime.

MUSSOLINI

 

 

 

 

 

UN INCIDENTE

 

Ai primi di marzo 1921, un incidente. Egli stes­so ne dà notizia ai suoi redattori, al Popolo d'Italia, per telefono:

«Sì, sono io, non é niente. Quaranta metri di salto. La gamba duole ma non c'è frattura. Si, l'apparecchio si è fracassato, ma il motore è salvo. No, non esageriamo, niente di male. Mi raccomando il giornale, non fate sciocchezze ».

Scriveva in questa occasione il Popolo d'Italia « Come i lettori sanno Benito Mussolini è un entu­siasta dell'aviazione. Da qualche tempo sta allenan­dosi per conseguire il brevetto di pilota aviatore al campo di Arcore. Ieri il nostro direttore si recò in bicicletta al campo per i soliti voli. Nell'Aviatik pre­sero posto: davanti Mussolini e dietro il pilota asso dell'aviazione Redaelli. Il primo volo si svolse senza incidenti. Nel secondo invece, durante la manovra di atterraggio, veniva improvvisamente a mancare il motore. L'aeroplano perdette subito la velocità, si sbandò, e dopo avere scivolato d'ala, precipitò fuori campo da un'altezza di circa 40 metri. Tutta la parte destra dell'apparecchio andò in frantumi. Redael­li riportò ferite leggere alla fronte, il nostro Diretto­re diverse ferite alla faccia guaribili — a giudizio dei medici — in una quindicina di giorni, salvo com­plicazione, e varie contusioni assai dolorose alle gam­be ed alle braccia ».

 

 

 

 

aereopittura

 

 

 

CREARE UNA COSCIENZA AVIATORIA NAZIONALE

 

Tutti coloro che danno al problema dell'avia­zione un valore esclusivamente tecnico o finanziario, cadono in un errore gravissimo e fondamentale, dal momento che ne vogliono disconoscere l'importan­za spirituale e, per conseguenza, politica.

Il florido sviluppo dell'aviazione in qualsiasi Paese procede di pari passo ed è in rapporto diretto con lo sviluppo di quella corrente ideale di simpa­tia collettiva che chiameremo: coscienza nazionale aviatoria. Di conseguenza l'aviazione di un Paese, sarà grande piccola o nulla, a seconda che la coscien­za aviatoria è grande, piccola o nulla.

Fra i paesi a coscienza aviatoria sviluppatissima si possono annoverare il Giappone nell'Asia; gli Stati Uniti d'America; e la Germania in Europa.

Una enciclopedia del volo diffusa e completa pubblicata in Germania, ha avuto un successo enorme. In Italia, finora, a nessuno è balenata l'idea di fare opera consimile.

Un altro paese di forte coscienza aviatoria è la Francia; un terzo l'Inghilterra.

Premesso questo, quantunque possa apparire evidente che la creazione o no di una coscienza avia­toria  nazionale dipende da molti elementi, il principalissimo di questi è pur sempre la stampa in ge­nere e quella quotidiana in specie, ministra in bene o in male di un potere formidabile che nessuno le può disconoscere.

E' chiaro quindi, e l'esperienza acquisita lo di­mostra, che se la stampa fa il gelo attorno all'aviazione, impedisce il sorgere della coscienza aviatoria e provoca un fatale ristagno di tutte le iniziative aviatorie.

Nei paesi più sopra citati, in cui la coscienza aviatoria ha assunto uno sviluppo notevole, tutto ciò che è aviazione (iniziative, raids, gesta individuali), riceve dalla stampa il più lusinghiero omaggio di spazio e di considerazione.

Conseguenza prima di questo atteggiamento del­la stampa é un valido sussidio morale e materiale che il Governo dei suddetti Paesi prodiga per l'in­cremento dell'aviazione.

Quale in Italia lo stato della coscienza aviato­ria? Poco soddisfacente a dire il vero. Ma come si può pretendere una coscienza aviatoria nazionale quand'essa manca negli uomini di governo e nella bu­rocrazia, nelle alte sfere dell'Esercito e della Marina, nei consessi legislativi (Senato e Camera) e soprat­tutto non esiste o è albeggiante nel giornalismo, la cui funzione è quella di orientare la pubblica opinione?

Se in Italia esiste un po' di coscienza nazionale aviatoria lo dobbiamo a Gabriele D'Annunzio che, col suo fascino poderoso ha galvanizzato, anche do­po guerra, le energie superstiti imponendosi, con la forza dell'esempio luminoso e del sacrificio diu­turno.

E con quali incisive parole potremo noi riassu­mere con efficacia e celebrare adeguatamente l'ope­ra meravigliosa di Tullio Morgagni e il cuore saldo dei nostri piloti, che hanno sorvolato le Ande e re­cato sino a Tokio il saluto rombante dell'Ala tri­colore ?

Anche durante la guerra l'atteggiamento della stampa verso quelli che diedero all'aviazione e alla patria il fiore della vita e la fiamma dell'entusiasmo, fu tutt'altro che soddisfacente...

Questo contegno assenteista si venne accentuan­do nel periodo dell'armistizio in cui, la paura esage­rata di compromettersi e la preoccupazione continua di mantenere un contegno neutrale e di sembrare congiunti a qualche cricca industriale, determinò at­torno all'aviazione una vera e propria congiura del silenzio; a questo si aggiunga il misoneismo e la diffidenza con la quale vengono accolte le nuove intraprese e l'inevitabile accavallarsi di problemi di altra natura, che nella luce torbida del dopo guerra sembrano più importanti del problema aviatorio.

Più tardi, quando pareva che le sorti dell'aero­nautica italiana, anche per l'interessamento della stampa, fossero per rialzarsi, la catastrofe di Verona veniva a piombare in un lutto profondo la famiglia giornalistica ed a distruggere quell'embrione di co­scienza aviatoria che poteva essersi costituita.

Esaminando serenamente la situazione odierna, bisogna concludere che è ancora troppo presto per credere in un prossimo crearsi della coscienza avia­toria nazionale. Troppi ostacoli stanno fra noi e il fine che vogliamo raggiungere. La stampa italiana è di una onestà così adamantina che ci vuole un uomo come me, tante volte venduto, per infischiar­sene di tutti e dire francamente pane al pane e vino al vino.

Per qualche tempo ancora non bisognerà stupir­si di essere una minoranza.

La lotta accanita, senza quartiere, animata da una incrollabile volontà di vittoria renderà il nostro compito meno agevole sì, ma più bello e il nostro trionfo più lontano, forse, ma certamente più luminoso.

 

Memorie sua tema: « La stampa e l'aeronautica », letta alla grande
adunata aviatoria di Milano dei giorni 27-28 marzo 1921.

 

 

 

 

 

 

COMMISSARIATO PER L’AERONAUTICA

 

Il 25 giugno 1922 ad un secondo convegno na­zionale, Mussolini dice: « Solo il Fascismo salverà l'aviazione italiana ».

Infatti, appena salito al potere, Mussolini studia il piano di ricostruzione dell'aeronautica italiana.

Un primo decreto, del 24 gennaio 1923, istitui­sce il Commissariato dell'aeronautica, dì cui egli stesso assume la direzione.

Il testo dell'art. i del R. Decreto n. 6, 24 gen­naio, dice:

« È istituito il Commissariato per l'Aeronautica dal quale saranno esercitate tutte le attribuzioni del Governo per quanto concerne l'aeronautica cosa civile come militare, Esercito, Marina e Armata Ae­rea indipendente ».

A questo decreto ne seguirono altri due.

R. Decreto 11 marzo 1923, n. 644 che istituiva la rubrica: « Spese per l'Aeronautica » ed assegnava,per l'esercizio 1922-1923, 122 milioni e 600.000 a bilancio.

R. Decreto 28 marzo 1923, n. 645 – Costituzione della Regia Aeronautica - Art. I: E' costituita la

R. Aeronautica che comprende tutte le forze aeree militari del Regno e delle Colonie. Essa avrà una propria uniforme e propri distintivi di grado e di specialità.

 

Fascisti!

L'altro giorno io sono passato con uno di que­gli apparecchi sulla vostra città. Quel volo, che cer­tamente ha fatto trepidare qualcuno di voi, era pieno di un profondo significato: esso doveva dimo­strare che sei mesi; di Governo non mi hanno an­cora inchiodato nella comoda poltrona della buro­crazia; ha dimostrato anche che io, come voi tutti, siamo ancora pronti a osare, a combattere e, se oc­corre, a morire perché i frutti della mirabile rivolu­zione fascista non siano dispersi.

 

Viva il Fascismo! Viva l'Italia!

 

 

Al popolo di Rovigo il 2 giugno 1923, dopo avere interrotto il suo discorso,

per il passaggio in volo di Ferrarin.

 

 

 

 aereopittura

 

 

È NECESSARIO VOLARE

 

È per me un alto onore chiudere questo vostro Congresso che, se non ha avuto il contorno clamoroso dei congressi politici, è però stato fertile, di fecondi risultati.

Sono qui nella mia qualità di Capo del Governo e sono qui anche nella mia qualità di aviatore e, come aviatore, permettetemi di felicitarmi con voi che da aviatori avete raggiunto il cielo di Roma at­traverso le linee che sono normali per gli aviatori: le linee del cielo.

Come non si concepisce un ammiraglio che stia continuamente in terra ferma, così non si concepi­sce un aviatore che voli stando al tavolino. Chi fa dell'aviazione, deve dimostrare la sua passione e la sua abilità sopratutto volando.

Mi compiaccio poi per i risultati a cui siete per­venuti ed anche per il fatto che vi siete pervenuti alla unanimità. Ciò significa che c'è già una intesa fra tutti gli aviatori e che le possibilità di accordo sul terreno della legislazione aerea internazionale son fondatissime.

Signor Flandin, io vi ho ascoltato con molta soddisfazione e con altrettanta gioia quando aver parlato di un certo scetticismo che ancora circonda la navigazione aerea. Voi sapete che l'umanità

Si può dividere in due categorie: i misoneisti ed i filoneisti; quelli che hanno la paura del nuovo e quel che hanno la nostalgia. Ora in questi tempi il nuovo è il volo.

Nella leggenda, nella storia, si vede chiaramente che l'uomo ha sempre cercato di liberarsi dalla terra dura e qualche volta ingrata, per salire nelle regioni aeree della luce e del silenzio. Alla navigazione aerea spetta l'avvenire. Su questo non c'è dubbio ne io saprei meglio concludere questo Congresso, questa vostra riunione, se non modificando un motto latino che dava lo spirito e il coraggio ai piloti del mare e dell'Oceano: Navigare est necesse Ora io dico: Volare necesse est.

 

Parole di chiusura alla 5. Sessione della Commissione Internazionale per la navigazione aerea. Roma, 31 ottobre 1923.

 

 

 

 

 

 

 

COSCIENZA DELLA RESPONSABILITA’ DI GOVERNO

 

Duca della Vittoria, Duca del mare, Generali dell’Esercito, Ufficiali, Soldati! Prima di tutto vada –  in questo giorno doppiamente fausto  –  il nostro reverente pensiero alla Maestà del Re, sempre presente nelle manifestazioni di ordine militare. Vi dichiaro che sono ammirato di quanto ho visto in questo campo. Sotto i miei occhi ecco crescere e diventare gagliarda l’arma del cielo. Ciò mi induce a non insistere sul triste periodo di decadenza, quando si smobilizzavano non solo le macchine, ma, quel che è peggio, gli spiriti.

Come uomo posso inseguire dei sogni o delle illusioni. Come Capo del governo, coll’enorme responsabilità della esistenza, della indipendenza, della libertà, del benessere del popolo italiano, ho l’obbligo di non credere alla pace universale o meno ancora perpetua. Non so se la guerra di domani sarà esclusivamente aerea o terrestre o marittima; a me basta meditare su quello che fanno gli altri. Se gli altri armano nel cielo, noi pure dobbiamo armare nel cielo. Durante la guerra, l'aviazione italiana, che ebbe tra i suoi come grande animatore e volatore Ga­briele D'Annunzio, toccò il vertice dell'eroismo. Queste tradizioni sono ancora intatte nell'anima di tutti gli aviatori.

I1 31 ottobre Roma ha assistito a uno spettacolo grandioso, il più impressionante che io abbia mai visto. 300 aeroplani solcarono per due ore il cielo dell'Urbe senza il minimo incidente. Nell'anno prossimo il loro numero sarà triplicato. Siamo ob­bligati ad una politica fortemente aviatoria. Basta porsi sotto gigli occhi una carta geografica per vedere che l'Italia non avrà mai un numero sufficiente di aeroplani per difendersi.

Ufficiali, soldati! Gli eroismi di ieri parlano alle nostre anime e devono tracciarvi le strade del doma­ni. Francesco Baracca, mio conterraneo, deve ispi­rarci. Vi parlo come Capo del Governo e come avia­tore che ha volato e volerà.

Ufficiali, Soldati! Vi consegno una bandiera che non è solo un drappo, ma una fiamma; non solo una insegna, ma un simbolo. La porterete sempre più oltre, sempre più in alto. La difenderete con la vita e con la morte. Viva il Re! Viva l'Italia!

 

Parole pronunciate a Centocelle, nel novembre 1923, in occasio­ne della consegna della bandiera ai soldati dell'aria.

 

 

 

 

 

 

IL PROBLEMA DELLA RICOSTRUZIONE

 

Duca della Vittoria, Duca del Mare, Colleghi, Signori! È veramente, come ha detto il mio caro amico Mercanti, quella di stasera una eccezione che io faccio alla mia inveterata fobia conviviale; ma so­no venuto fra voi volentieri, perché l'invito non recava parole solenni e diceva: « All'aviatore Musso­lini ». Questo mi ha estremamente lusingato, poiché ho l'orgoglio di questa mia qualità, orgoglio che ho documentato in tempi in cui pochissimi volavano; e cadendo, perché avevo il proposito di essere pilota a 37 anni e volando, dopo essere caduto, naturalmente.

E pochi mesi or sono, compiendo un volo che si potrebbe chiamare di guerra Roma - Udine e ritor­no, ho dimostrato che si può governare la Nazione, e non per questo si debbono perdere le abitudini del rischio e dell'ardimento, poiché la vita deve essere rischiata e rivissuta quotidianamente, continuamente, dimostrando che si é pronti a gettarla quando sia necessario.

Ho ascoltato attentamente il discorso dell'amico Mercanti, e sopratutto mi ha interessato lo sdoppiamento della sua personalità. Ma il problema è risol­to, mio caro amico. Se tu, come Presidente dell'Ae­ro Club d'Italia trovi che non tutte le cose dell'Intendenza vanno bene, come Intendente, sei nella migliore posizione per metterle a posto. D'altra par­te io rispetto e comprendo le critiche; c'è sempre qualcuno che ha il compito di mormorare, c'è sem­pre qualcuno che grida che se lui fosse a quel posto le cose andrebbero meglio. E' incredibile come durante la guerra ci fossero quegli strateghi che segui­vano con le bandierine le avanzate e pensavano veramente che se fossero stati essi ai comando supremo la Vittoria sarebbe stata ottenuta molto più rapida­mente.

Per rendersi conto della reale situazione delle cose e dei fatti bisogna prendere dei termini di confronto. Bisogna vedere che cosa era l'aviazione un anno fa, tre anni fa, nei tempi bastardi  del 1919 e del 1920; e che cosa è oggi l'aviazione. Voi cono­scete certamente la lacrimevole istoria della smobi­litazione aviatoria, compiutasi negli infausti anni del 1919 e 1920; sembrava che una follia bieca avesse preso i nostri governanti. C'erano persone che non volevano più vedere aeroplani, che non volevano sentire il rombo dei motori, che credevano che il tempo della pace universale perpetua, duratura, fosse real­mente spuntato. Noi abbiamo, con la nostra men­talità spregiudicata, fatto giustizia di tutta questa falsa letteratura, di tutta questa bassa, distruggitrice e suicida ideologia. Noi ci siamo posti dinanzi il problema della ricostruzione. Il problema è enorme­mente complesso, poiché non si costruisce in un solo campo. Il difficile è che bisogna ricostruire in campi diversi contemporaneamente, spesso in campi contrastanti tra loro.

L'aviazione che non esisteva nel 1919 e nel 1920, che esisteva pochissimo nel 1921 e 1922, oggi esi­ste. Non è forse l'aviazione francese, non è forse la aviazione inglese; ma siamo sulla buona strada che può condurci se non alla parità certo a condizioni tali che ci permettano di fronteggiare qualsiasi e­vento.

La materia umana c'è. Io non vi faccio un elo­gio interessato se vi dico che i piloti italiani, per giu­dizio unanime, anche degli stranieri, sono tra i mi­gliori del mondo. Quando lo spirito c'è e sa dare la propria impronta, esso domina la materia. Quando lo spirito dà l'impronta delle sue attività alle mani­festazioni della vita nazionale, tutto si accelera nel ritmo.

Sono perfettamente ottimista circa l'avvenire dell'aviazione italiana: credo che ci metteremo rapidamente alla pari con le altre Nazioni.

Le altre Nazioni del resto si accorgono di que­sta atmosfera nuova in cui viviamo da un anno a questa parte. Perché soltanto in questo anno 1923 i generali francesi ed inglesi che furono con noi a Vittorio Veneto perché soltanto oggi, hanno man­dato dispacci di congratulazione? Ebbene questo ci dimostra che la vittoria non è un fatto militare, o meglio non è soltanto un fatto militare, non è un episodio definito in determinate situazioni di spazio e di tempo. Il senso della vittoria è una cosa che di­viene, la vittoria acquista forma e sempre più gran­diose a mano a mano che io spirito si rileva. Se i generali alleati ci mandano il loro saluto gentile è perché sentono che l'atmosfera é cambiata, vedono i nostri progressi, riflettono sulle nostre parole.

Dichiaro che se altre Nazioni sono più prepa­rate dal punto di vista militare, nessun popolo nell'ora attuale è più preparato del nostro ad affrontare i cimenti che si rendessero inevitabili.

Accetto questa medaglia non tanto come pre­mio per il passato, ma come anticipato premio sull'avvenire. Voi sapete che io vivo pochissimo del passato. Vivo sempre del domani. Preparo le cose a distanza mentre la gente crede che siano improvvi­sate. Non tutti hanno l'obbligo di conoscere il mio travaglio e sapere come maturano le mie decisioni. Affermo qui, in questa magnifica, superba riunione giovanile che le speranze dell'aviazione italiana non saranno deluse; finché io sia al mio posto di Com­missario dell'aviazione non v'è dubbio che tutte le mie energie saranno dedicate all'aviazione italiana.

Voi avrete i mezzi necessari, perché credo che il mio amico De Stefani sia d'accordo con me nel ritenere che bisogna sollecitamente riguadagnare il tempo perduto, poiché c'è da tremare quando si pensi alla situazione in cui siamo stati negli scorsi anni. L'amico De Stefani è pronto a darvi questi mezzi. Lo spirito ve lo darò io. Il mio Governo è tutto il popolo italiano. La stampa farà bene ad aiu­tare il Governo a creare la coscienza aviatoria del popolo italiano. Tutti non possono volare; non è nemmeno desiderabile che tutti volino. Il volo deve rimanere ancora il privilegio di una aristocrazia: ma tutti devono avere il desiderio del volo, tutti de­vono avere la nostalgia del volo. Tutti i cittadini buoni, tutti i devoti cittadini debbono seguire con profondo sentimento lo sviluppo dell'ala tricolore.

Questa ala è stata bandita per due, tre anni dal cielo adorabile della nostra terra.

Questa ala oggi riprende ora il suo volo, questa ala non sarà infranta. Ne prendo formale, solenne impegno come aviatore e come Capo del Governo Italiano!

 

Dopo un banchetto offerto dall'Aero Club a Roma, il 6 novem­bre 1923.

 

 

 

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L'IMPLACABILE BATTAGLIA

 

« Redipuglia, Vermigliano, Sei Busi, Cave di Selz, bastione di martirio vissuto dalle nuove generazioni della Patria. Ognuno di questi nomi rim­bomba nei cuori di quelli che furono là — nelle trincee di terra rossa — a combattere l'implacabile battaglia.

I cimiteri silenziosi raccolgono i nostri fanti e non turbate la loro quiete con le esumazioni, fate di quei recinti le mète di un pellegrinaggio continuo.

L'Isonzo italiano — dalla acque chiare — lam­bisce i cimiteri e laggiù verso la laguna si staglia il campanile di Aquileia imperiale.

Inginocchiamoci sulla terra che bevve il sangue della nostra giovinezza. Ricordiamo in purità ed in silenzio. — Mussolini ».

Austere parole riverenziali, alle quali possiamo unire queste altre sue lapidarie che segnano, anzi incidono la condotta per i militi del fascismo:

«Per noi fascisti la vita è un combattimento continuo, incessante, che noi accettiamo con gran­de disinvoltura, con grande coraggio, con la intrepi­dezza necessaria ».

Nel giugno del 1923 fu indetta la gara d'i. Lugo con la « Coppa Baracca » e Mussolini volle presen­ziarla per dare personalmente il via ai concorrenti. Era ormai la prima presa di contatto dell'aviazione italiana rinnovata e ricostruita con la vita. Gli appa­recchi militari di vari tipi fino allora adoperati dal­la nostra aviazione si disputarono il premio ambito, nel nome dell'eroico aviatore. Mussolini potette con­statare in quell'occasione i rapidi progressi raggiunti dai nostri piloti, con la sapienza ed il prestigio del suo Commissariato. La gara era già stata disputata due altre volte nei due anni precedenti, ma quella del '23 raggiunse una inconsueta importanza, e il vero festeggiato fu il Duce della ricostruzione.

Il 19 giugno sul percorso Milano - Parma - Bologna - Lugo - Ravenna - Padova - Udine - Go­rizia - Aquileja - Venezia - Padova - Ghedi - Mi­lano (km. 995 circa) si contesero la vittoria 74 ap­parecchi dalle squadriglie militari.

 

Proclama lanciato dagli aviatori nel cielo della necropoli di Redipuglia, in occasione di una cerimonia simbolica compiuta al 23 maggio 1923.

 

 

 

 

 

 

I TRADITORI DELLA PATRIA

 

Per essere pronti a tutti gli eventi, è necessario avere un Esercito, una Marina, un’Aviazione. Quando io penso allo stato lacrimevole, nefando in cui fu lasciata l’aviazione italiana, che pure aveva scritto pagine memorabili in guerra; quando io penso agli hangars deserti, alle ali spezzate, ai piloti dispersi ed umiliati, io dico che colui o coloro, che avevano condotto l’Italia a questo baratro, sono veramente traditori della Patria.

 

Discorso tenuto a Roma il 24 marzo 1924 celebrandosi, alla presenza di 5000 sindaci, il quinto anniversario della fondazione dei Fasci.

 

 

 

 

 

 

LEGGI PER LA NAVIGAZIONE AEREA

 

Sono lieto di inaugurare questo Congresso, non solo come Capo del Governo, ma anche come Com­missario Generale dell'Aeronautica. Esso segue a pochi mesi di distanza la quinta sessione della Commissione Internazionale per l'Aviazione, che ha la­vorato qui in Roma assai proficuamente per elaborare ulteriori accordi internazionali per la naviga­zione aerea.

È questo il sesto Congresso che è promosso dal Comité Juridique international de l'aviation, ed i tre problemi che sono all'ordine del giorno concernono questioni fondamentali, per le quali è indispensabile un'ulteriore e più precisa elaborazione giuridica.

Io non posso fare a meno di ricordare il fatto che tutta l'elaborazione giuridica della navigazione aerea ha avuto in Italia un impulso notevole nel Congresso giuridico internazionale per il regolamen­to della locomozione aerea. In esso, sotto la guida sapiente e illuminata di un insigne giurista, il professor Vittorio Scialoja, furono poste precisamente quasi tutte le principali questioni che concernono il diritto aereo e per alcune di esse l'elaborazione dei principii fondamentali giuridici fu portata a tal pun­to, che, in realtà, ben poco si è aggiunto in sostanza posteriormente. Tanto più importante fu quel con­gresso in quanto che i suoi lavori ebbero luogo quan­do non esistevano in materia norme di legge interna in alcuno Stato, ne accordi internazionali, e servi­rono perciò moltissimo a preparare quei principii fondamentali che furono accolti dalla convenzione di Parigi del 1919 e poi dalle leggi speciali per la navigazione aerea, che i vari Stati hanno successivamente emanato. Ad esso parteciparono i giuristi di tutti i principali Stati del mondo e fu perciò la pri­ma espressione della coscienza giuridica del mondo intero nei riguardi del nuovissimo problema del di­ritto aereo che costituisce uno dei fatti più impor­tanti della storia giuridica contemporanea.

Un grave pericolo che occorre, a mio avviso, evitare è la smania di troppo legiferare. La navigazione aerea non ha raggiunto ancora tecnicamente quel grado che avrà indubbiamente domani, ne il traffico a scopi civili é così ampio e intenso che pos­sano dirsi già posti tutti i vani problemi che il suo intensificarsi, specialmente a scopi civili, porrà in­dubbiamente in rilievo.

È perciò necessario non creare degli archetipi legislativi che gli eventi dimostreranno praticamente inadeguati e inutili, ma la­sciare che la coscienza giuridica affronti i problemi man mano che si presenteranno nei loro nuovi aspet­ti, di modo che i bisogni e l'esperienza precedano le norme di legge.

Così fecero i Romani nella loro alta sapienza giuridica. La vita precedette sempre il diritto. Il di­ritto così poté adeguarsi alle necessità della vita ed esprimere i bisogni, senza comprimerla ne depri­merla nelle strettoie di norme troppo rigide, perché aprioristiche. Io annetto ai problemi dell'aviazione una singolare importanza, poiché, come ho già det­to altra volta, ritengo che l'aviazione abbia un cam­po assai vasto d'azione nel futuro.

Ho perciò voluto dare un impulso notevole alla navigazione aerea e sotto il mio Governo l'Italia ha finalmente avuto le prime leggi che la regolano e fra non molto sarà emanato un regolamento fonda­mentale che disciplinerà tutti i problemi di esecu­zione delle norme legislative. La nostra legge non è perfetta, poiché niuna legge è perfetta, ma essa costituisce indubbiamente un contributo fondamen­tale per la legislazione aerea e lo prova il fatto che e servita di esempio ad altri Stati.

Il Comité juridique international de l'Aviation e veramente benemerito per l'elaborazione del nuovo diritto aereo. Io vi auguro che il Congresso che oggi si inaugura – che segue quelli notevolissimi di Parigi, Ginevra, Francoforte, Monaco e Praga – segni un’altra tappa nelle sue benemerenze. È con questo sentimento che io vi porgo il mio deferente e augurale saluto.

 

Discorso tenuto il 22 aprile 1924 inaugurandosi in Roma il sesto Congresso giuridico internazionale di legislazione aerea.

 

 

 

aeropittura 

 

 

FRANCESCO BARACCA

 

Il saluto che mi avete porto testé in nome del piloti che hanno partecipato al « raid Baracca », e, posso aggiungere, in nome di tutti i piloti d'Italia, giunge gradito al mio animo, sia nella mia qualità di Capo del Governo, sia nella qualità di Alto Com­missario dell'aviazione, sia, anche, nella mia qualità di pilota che non ha ottenuto il brevetto perché la mia vita è stata sempre movimentata. Però anche dopo una famosa caduta io ho continuato energica­mente a volare.

Manifesto a tutti i piloti che hanno partecipato alla prova di ieri il mio plauso altissimo.

È stata una prova severa che si è svolta senza incidenti, il che depone a favore dei piloti e degli apparecchi, e che ha dato tutti quei risultati che ci riprometteva­mo di ottenere.

Avete giustamente detto, Comandante genera­le: l'aviazione è l'arma del domani. Siamo forti a terra e siamo forti in mare; bisogna essere fortissimi anche nell'aria.

Questo nostro fraterno banchetto, é reso più so­lenne dalla presenza di questa fierissima madre di Romagna, la madre di Francesco Baracca, il vero ca­valiere dell'ideale e dell'aria.

Ho pensato di fare in Italia quello che è stato fatto in Francia per Guynemer: l'asso degli assi francesi è stato biografato in maniera molto poetica, molto commovente, molto passionale, e questo li­bro, che è forse più interessante di un romanzo, cor­re in tutte le scuole della Repubblica; troverò uno scrittore che scriva la vita di Baracca.

Sono sicuro che il Ministro dell'Istruzione Pub­blica non avrà difficoltà a che questo libro sia cono­sciuto dalle anime dei fanciulli del popolo.

Signori, io levo il mio calice e bevo alla salute di S. M. il Re, porgo un saluto all'aviazione dei pae­si rappresentati e bevo alle glorie passate, presenti e future, dell'eroica ala italiana.

 

I1 7 ottobre 1924, a Milano, in occasione di un banchetto in onore dei partecipanti alla

«Coppa Baracca» alla presenza della Madre di Francesco Baracca.

 

 

 

 

 

 

UN PO’ DI STATISTICA

 

. . . . . . . . . . .

 

L'efficienza bellica di una nazione è il dato com­plesso risultante non dalla semplice somma, ma dal­la coordinazione dell'efficienza militare, economica, morale, industriale. L'efficienza bellica militare è un dato complesso risultante non dalla somma, ma dal­la coordinazione armonica dell'efficienza dell'Esercito, dell'efficienza della Marina e dell'efficienza dell'Aviazione.

E l'efficienza bellica di ognuna di queste tre armi è un dato risultante non dalla sem­plice somma, ma: da armonica coordinazione e im­piego di questi tre fondamentali elementi: quadri, truppe, macchine.

 

. . . . . . . . . .

 

Ora dovrei accennare all'Aviazione. Constato come Pecori Giraldi abbia riconosciuto quella che è la pura verità: che io ho trovato l'Aviazione per terra, letteralmente per terra, e l'ho portata ad un gra­do che aumenta veramente l'efficienza bellica della Nazione.

Naturalmente noi non possiamo seguire la tat­tica dell'America, dove non si fa che un apparecchio; ma esso è il più perfetto tra tutti, perché l'A­merica è il Paese dei dollari e le officine possono fare gli apparecchi a serie immediate. Noi dobbiamo tendere alla qualità, ma anche alla quantità.

I dati relativi all'Aviazione sono i seguenti: la Francia ha 138 squadriglie con 1208 apparecchi e una nave porta-aerei in costruzione. Però a queste cifre dovete aggiungere quelle della riserva dei con­sumi che portano queste cifre a 3000 0 4000 ap­parecchi.

L'Inghilterra ha 63 squadriglie con 792 appa­recchi, ha quattro navi parta-aerei. Gli Stati Uniti d'America hanno 70 squadriglie, 570 apparecchi e 4 navi porta-aerei: l'Italia ha 80 squadriglie con 882 apparecchi escluse le riserve e i consumi. Oggi l'Italia ha 1786 apparecchi. Aggiungendovi quelli che sono presso le ditte in costruzione e riparazione si ha un totale oggi, 2 aprile 1925, di 2166 apparecchi che possono prendere quasi immediatamente il volo. Ma ciò costa. Io, Commissario dell'aeronautica, ho chiesto al ministro delle finanze 702 milioni per il 1925-1926. Il ministro delle finanze mi ha detto: « è impossibile », e allora ho ridotto questa cifra a 450 milioni che spero di portare con una aggiunta straordinaria ad una cifra più elevata.

 

Il 2 aprile 1925 al Senato del Regno, discutendosi un disegno d legge sulla riforma dell'Esercito, presentato dal ministro della Guerra, generale Di Giorgio.

 

 

 

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DE PINEDO

 

Metto all'ordine del giorno di tutta la Nazione italiana l'eroico comandante De Pinedo. E con lui ricordo e porgo l'attestato della mia e della vostra simpatia al suo fedele compagno di i viaggio.

Come l'Ulisse dantesco che aveva fatto dei remi « ali al folle volo », così De Pinedo ha fatto ala del suo apparecchio al suo generoso, intrepido cuore.

Voi ricordate che nei discorso, dell'Augusteo io lo chiamai italiano delle nuove generazioni che il Fascismo intende creare. Egli é veramente l'Uomo dei miei, dei nostri tempi, serio, intrepido, tenace. Né la fragilità della carne, né gli ostacoli della na­tura, né le immense distanze, né le tempeste degli oceani hanno potuto fermare la sua meravigliosa ala tricolore!

Si! L'impresa di De Pinedo meriterebbe vera­mente il canto di un poeta gigantesco some il nostro massimo Poeta: Dante.

Popoli lontani e diversi hanno finalmente conosciuto che cosa é la nuova Italia! Davanti a questo formidabile prodigio di tenacia e di volontà umana che cosa é la piccola vociferazione di coloro che, le­gati alla loro impotenza cronica, alla loro decrepita sedentarietà, hanno lo stolto coraggio di irridere a quelle che essi chiamano prodezze aeroplanistiche, mentre per noi sono invece l'attestazione della vita­lità indistruttibile del popolo italiano?

Ecco un precursore del nostro infallibile doma­ni: l'Uomo che ha fatto vedere la nostra forza, l'Uo­mo che ha attestato il suo coraggio, il cui nome, og­gi, è ricordato da milioni e milioni di uomini su tutta la faccia della terra. Questa, o cittadini, é una giornata di fierezza per tutto il popolo italiano.

Voglio ancora una volta abbracciarlo e in que­sto abbraccio c'è tutta la vostra anima, tutta la vo­stra passione, tutta la fede inesausta della Nazione italiana che oggi é grande, ma più grande diventerà!

 

Dal balcone di Palazzo Chigi, in Roma, il 7 novembre 1925, in onore di De Pinedo che aveva compiuto un raid di 55.000 Km. andando da Sesto Calende a Tokio e tornando a Roma.

 

 

 

 

 

 

LA VITTORIA DEL NORGE

 

mente attraverso le inesplorate e sconfinate regioni artiche sino all'Alaska.

Si può dire che la preparazione ebbe inizio sin da quando si pensò al mezzo aereo per l'esplorazione polare; perché sino d'allora il colonnello Nobile ave­va studiato le possibilità d'impiego del dirigibile se­mirigido di tipo italiano per la conquista del Polo. A questi suoi studi si deve se la richiesta di acqui­sto del nostro «N. 1 » fatta da Amundsen negli ul­timi giorni di luglio u. s. poté essere accolta imme­diatamente dal Ministero dell'Aeronautica, non solo per la grandezza e la serietà dell'impresa, ma anche perché alla piena consapevolezza dell'impegno e del­la grave responsabilità che l'Aeronautica italiana si assumeva in cospetto al mondo intero, andava unita la certezza che una volta di più l'Italia avrebbe fat­to onore alla sua firma. Con uguale prontezza veni­va stipulata la convenzione firmata poi il 1 settem­bre in Roma da Amundsen e da me, nella quale si stabilivano la cessione del dirigibile alla Norvegia, le condizioni tecniche del suo approntamento, la for­mazione dell'equipaggio di cui il comandante e la massima parte del personale di manovra dovevano essere italiani, come Italiani dovevano essere i co­mandanti delle basi a terra di Oslo, Vadso e dello Spitzberg. Da allora ebbe inizio nello stabilimento aeronautico di Roma il grandioso lavoro di trasfor­mazione e di adattamento del dirigibile di tipo ita­liano al grande viaggio polare nonché la organizzazione ed allestimento delle basi di appoggio; la­voro intenso, febbrile ma accuratamente eseguito sot­to la direzione del colonnello Nobile; lavoro al qua­le parteciparono le maestranze tutte, con alto senso di civismo e con assidua diligenza nell'esecuzione.

La fiducia nel successo pieno dell'impresa non venne mai, meno un istante solo, neppure quando lettere, opuscoli ed articoli sulla stampa, specialmen­te estera, tentavano ,di dimostrare che l'impresa non era solo ardita ma piuttosto temeraria e quasi inat­tuabile. Ad esempio un giornale straniero stampava in data 8 maggio: « La spedizione Amundsen per­de ogni giorno più del primitivo splendore: au­mentano le difficoltà ed aumenta il numero dei pessimisti i quali hanno sempre fatto osservare che la aeronave è troppo piccola e l'equipaggio troppo nu­meroso ». Il risultato del volo invece ha provato in modo indiscutibile la bontà del nostro dirigibile, completamente ideato e costruito dalla nostra Aeronautica. Ma la perfezione del mezzo impiegato a ben poco avrebbe servito se esso non fosse stato af­fidato a un ottimo personale di manovra.

La navigazione su zone estesissime, inesplorate, la certezza d'un atterraggio finale da compiersi con i soli mezzi di bordo, esigevano un comandante ed un equipaggio ben allenati alla navigazione aerea col più leggero, espertissimi di ogni manovra, a per­fetta conoscenza delle qualità nautiche dell'aerona­ve, dati questi che evidentemente non si possono im­provvisare né acquistare in breve tempo.

Sul dirigibile di tipo, italiano, pensato, e sarà bene ripeterlo, disegnato e costruito in Italia, s'im­poneva perciò l'equipaggio di manovra italiano ed il nostro personale ha risposto magnificamente all'appello: le domande di prendere volontariamente parte al volo transpolare superarono di molto la possibilità di accoglimento; fra tutte furono scelte quel­le degli ufficiali e sottufficiali che più sembravano indicati.

Alla data prestabilita il dirigibile era pronto al­la consegna e dopo la visita augurale di S. M. il Re, partiva da Roma per il grande volo. Le tappe fino allo Spitzberg furono compiute con perfetta regola­rità. Giunto ai limiti del mondo umano la nave aerea puntava decisamente verso le gelide sino allora in­violate solitudini del Polo e le varcava.

Ho voluto obbiettivamente esporre quanta parte è dell'Italia nel felice risultato della leggendaria transvolata per dimostrare quali potenti e prepon­deranti elementi di vittoria essa con i suoi uomini e con i suoi materiali abbia dato ad una impresa il cui compimento può sembrare veramente un sogno; ma è invece frutto dell'accuratissima preparazione morale, professionale, tecnica, della fredda e meditata audacia, della grande energia e tenacia dell'im­pavido comandante dell'aeronave e del suo equipaggio. Avremo, tra breve, mezzo di meglio valutare la importanza della spedizione dal punto di vista scientifico, di conoscere meglio le difficoltà certo as­sai gravi, che si sono dovute superare nel volo, ma sin d'ora possiamo con legittimo orgoglio constatare che in una impresa così ardita la vittoria è in mas­sima parte italiana. Il Governo mette perciò all'or­dine del giorno della Nazione il colonnello Nobile comm. Umberto, ideatore, costruttore e comandante dell’aeronave, il primo capo tecnico Cecioni cav. Na­tale, il maresciallo Arduino Ettore, il sergente mag­giore Caratti Attilio, il motorista Pomelia Vincenzo, il timoniere Alessandrini Renato, per avere ben me­ritato della Patria, per avere dimostrato ancora una volta il valore di nostra gente e per avere aggiunto una nuova indiscutibile gloria alla nostra aeronau­tica, alla nostra bandiera.

 

Il 18 maggio 1926, al Senato, per celebrare la spedizione transpo­lare del « Norge ».

 

 

 

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L’UFFICIALE ITALIANO

 

Voglio parlarvi più che come Ministro come aviatore che ha volato, che vola e che molto più volerebbe se dipendesse soltanto dalla sua volontà.

Voglio farvi un elogio, perché so che su questo campo la disciplina é perfetta. Quando parlo di di­sciplina intendo parlare di un complesso di doti morali, che devono costituire la caratteristica fonda­mentale dell'Ufficiale italiano. Sono lieto che il vo­stro prode Comandante mi abbia detto che il vo­stro morale è ottimo e che avete bisogno dì essere frenati piuttosto che sollecitati nell'adempimento del vostro dovere. Questo torna a vostro onore di uffi­ciali e di piloti.

Posso dire che dall'ottobre 1922 ad oggi ho vis­suto tutta quella che si può chiamare la ripresa dell'ala italiana. Conosco le vostre angustie anche sen­za gli squilli di trombe speciali. Esse dipendono dallo stato attuale del materiale ma se, qualcuno si preoccupa di ciò, sono io che ho la responsabilità di tutte le forze armate dello Stato, responsabilità po­litica, morale, personale. Accanto a me ci sono uo­mini come il generare Bonzani, il generarle Piccio e il generale Verduzio. Anche essi non hanno che un compito e uno stimolo incessante: rafforzare l'Avia­zione italiana.

Ti problema del materiale aviatorio non è che un elemento di maggiori, problemi che investono tutta la vita della Nazione in questo periodo storico. Vi sono grato, quale interprete del popolo italiano, per quello che fate con coraggio e con disciplina. Vi ripeto che noi tutti lavoriamo senza soste per do­tare l'Aeronautica di apparecchi sempre più efficien­ti e perfezionati. Ciò sarà fatto vincendo tutti gli ostacoli inevitabili.

Per la Patria, per il Re e per l'Ala d'Italia, che deve continuare a dominare sovrana il nostro cielo!

 

Il 7 luglio 1926, al rapporto degli Ufficiali, dopo aver passato in rivisita, nel campo di Centocelle, i reparti dell'Aeroporto.

 

 

 

 

 

 

I CONGRESSI INTERNAZIONALI

 

Il Congresso che inauguriamo oggi é il quarto Congresso internazionale di navigazione aerea, ed è la prima volta che esso è tenuto a Roma.

Il primo ebbe luogo a Parigi nel 1921. Successi­vamente i Congressi ebbero luogo a Londra ed a Bruxelles. Il periodo di tempo trascorso tra il primo e l'attuale Congresso è brevissimo, ma i progressi realizzati nella navigazione aerea sono stati enormi. Oggi siete venuti da tutti i Paesi del mondo, a Roma, per ripigliare le discussioni interrotte, per affrontare i nuovi problemi, per constatare il cammino fatto, insomma, per segnare un'altra tappa.

Fra voi ci sono degli ingegneri, degli inventori, dei piloti, degli scienziati che dedicano tutte le loro energie e la loro stessa vita alla causa trascinatrice della navigazione aerea. Io non divido affatto l'opi­nione di coloro che definiscono un'illusione le con­quiste dell'aria. Si tratta forse di un fenomeno tipico di misoneismo. Situazioni mentali identiche le tro­viamo sempre ad ogni epoca della storia. La stessa cosa avvenne quando il primo treno molto rudimen­tale, fece la sua prima apparizione in Inghilterra.

Fatto innegabile é che la rete aerea ogni giorno accresce il suo attrezzamento, le sue distanze, il nu­mero dei passeggeri e delle merci in tutti i Paesi del mondo.

Io non intendo affatto di affermare che tutti i problemi sono risoluti. Di questi ce ne saranno sem­pre. Problemi di finanza, dei tecnica, di diritto, di scienza, di abilità professionale. È proprio per acco­munare i risultati acquisiti, per coordinare gli sforzi, per conoscerei meglio gli uni con gli altri che é sorta l'idea dei Congressi internazionali di navigazione ae­rea. Molte sorprendenti ed eroiche gesta hanno di­mostrato in questi ultimi, tempi il grandioso, svilup­po raggiunto dalla tecnica aeronautica che ha saputo costruire dei motori possenti e perfetti., degli apparec­chi solidi e dotati di un'autonomia che gli eterni scet­tici non credevano giammai raggiungibile. Io sono convinto che la conquista dell'aria avrà i risultati più benefici pel progresso morale ed economico del mondo.

Con la certezza che i lavori del vostro Congresso saranno fecondi di risultati pel progresso della navi­gazione aerea, io vi prego, signori congressisti, di gradire l'espressione della mia più cordiale simpatia.

 

Il 24 ottobre 1927, in Campidoglio, inaugurando il Quarto Con­gresso internazionale di navigazione aerea.

 

 

 

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L’ATLANTICO MARE MEDITERRANEO

 

Nel 1927 Mussolini indirizzava al signor Gard­ner un messaggio per l'aviazione americana.

Dopo di aver tessuto l'elogio dei piloti e dei tecnici americani egli scriveva:

 

« Per questo i nostri aviatori e i nostri tecnici sono orgogliosi di competere con i vostri; per questo i velivoli prodotti dalla vostra industria sono a pochi altri paragonabili nell'eccellenza delle caratteristiche; per questo la vostra aviazione militare ha raggiunto l'efficienza che ciascuno con vivo compiacimento può constatare; per questo infine dall'uno all'altro oceano e tra le molte città operose del vostro conti­nente vastissimo, l'aviazione civile incomincerà a stendere, le reti delle nuove linee di trasporti diurni e notturni imponendosi all'ammirazione del mondo.
« Per l'aeronautica civile, il suo futuro sviluppo è chiaramente segnato dal suo passato breve ma vigoroso; per essa probabilmente l’Atlantico diverrà mare Mediterraneo; per essa i continenti meno penetrabili saranno aperti alla conoscenza degli uomini, al fervore dei loro traffici, agli scambi intellettuali e materiali fra i popoli ».

 

 

 

 

 

 

LA PRIMA TRASVOLATA ATLANTICA

 

Nel gennaio 1931 una squadriglia di 12 apparec­chi sorvola l'Atlantico meridionale.

Mussolini, in quell'occasione, telegrafa a Balbo, che comanda la spedizione:

 

« Raduna le squadriglie e leggi loro quest'ordine del giorno:

« Ufficiali, sottufficiali, avieri della Squadra Ae­rea Transatlantica! Coll'arrivo a Rio — ultima tap­pa della vostra crociera — la vostra grande impresa è compiuta. Voi intendete perché ho atteso il vostro giungere alla meta prima di mandarvi il mio elogio ed il mio plauso per il volo da me voluto, da voi su­perbamente eseguito. Finché tutto non è finito, nien­te è finito. Ti mio pensiero va innanzi tutto ai cinque camerati caduti a Bolama. L'Italia li onora come ca­duti in combattimento. Il loro sacrificio ha dimostra­to — contro il facile scetticismo dei sedentari — che il volo transoceanico imponeva una somma di rischi mortali. I nomi del capitano Boer, del tenente Barbacinti, dei sottufficiali Nensi, Imbastari, Fois restano nella memoria del popolo italiano.

Il volo Italia-Brasile non ha precedenti nella sto­ria dell'aviazione. Esso ha dimostrato che cosa è l'a­viazione italiana nell'anno IX del Regime come uo­mini e come macchine. La grandezza unica del volo è stata universalmente riconosciuta, da Re, da Prin­cipi, da Capi di Governo, da moltitudini. La vibra­zione di entusiasmo per la vostra prova è andata dall'uno all'altro orizzonte. Per la prima volta l'immensa distesa dell'oceano è stata superata da una Squa­dra Aerea.

Questo è l'evento che rimane consacrato nella storia, questo è l'evento al quale resteranno indissolubilmente legati i vostri nomi!

Il Brasile, grande e ospitale, ha accolto le ali tricolori con manifestazioni che l'Italia non dimenticherà mai. I cuori dei due popoli hanno battuto, an­cora una volta, insieme; e non sarà l'ultima.

Nell'attesa, di quella che sarà ancor la più grande prova aerea dell'anno X della Rivoluzione, l'Italia Fascista è fiera ed ammirata di voi, trasvolatori dell'Atlantico.

Voi avete posto l'Ala Italiana all'ordine del gior­no del mondo, voi avete benemeritato dalla Patria. - Viva il Re ».            

MUSSOLINI

Roma, 15 gennaio dell'anno IX.

 

 

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I TRASVOLATORI OCEANICI

 

È per me una grande soddisfazione porgervi il mio saluto e nella mia qualità di Capo del Governo Fascista e in quella di aviatore; mia nella mia gioia c'è un velo dei tristezza: il comandante Endresz e il radiotelegrafista Bittay, che dovevano essere tra noi, e che erano già arrivati, da Budapest nel cielo di Roma, hanno trovato la morte nel momento di toc­care la mèta.

Salutiamo con animo virile la memoria di que­sti Caduti, mentre inviamo un pensiero commosso all'Aviazione ed alla Nazione magiara.

Sono ai che sicuro di interpretare il vostro una­nime sentimento mandando al colonnello Lindbergh che aveva promesso di venire a Roma, l'espressione dalla nostra simpatia.

È la prima volta, da quando l'uomo è riuscito, col più pesante, a dominare i cieli, che i trasvolatori degli Oceani si riuniscono a convegno. Il fatto è pie­no di significato e di poesia. Tutte le Nazioni, i cui piloti hanno vittoriosamente superato la prova, sono oggi rappresentate a Roma e quel particolare, cavalleresco cameratismo che è caratteristico degli aviato­ri, trova, in questo evento, la sua più simpatica ma­nifestazione.

Sono presenti nel nostro spirito quei trasvolatori che, pur avendo osato, non sono stati accompagnasti benevolmente dalla fortuna. Il loro sacrificio non è stato vano; ogni conquista dell'umanità sulla terra, sul mare, nel cielo, esige talora il sacrificio supremo.

Voi appartenete alla minoranza degli audaci che il mondo ammira. La storia ha già inciso i vostri no­mi nelle sue pagine perché voi avete — valicando gli Oceani — accorciato le distanze, riavvicinato le rive dei continenti, segnato la strada che domani sa­rà normalmente percorsa da flotte di aerei; in un certo senso voi avete anche servito la causa della pace.

Durante i giorni che trascorrerete in Italia, voi sentirete l'atmosfera cordiale di ammirazione e di simpatia che vi circonderà, ammirazione che il po­polo italiano ha sempre tributato ai generosi che a­prono le vie del futuro e sanno sfidare il destino.

 

Il 23 maggio 1932, in Campidoglio, ai trasvolatori oceanici di tutto il mondo, ospiti di Roma.

 

 

 

 

 

 

LA SECONDA TRASVOLATA ATLANTICA

 

Nel 1933 la leggendaria in presa è ripetuta, non più da una dozzina di apparecchi, ma da una cen­turia addirittura.

Alla vigilia del decollo da Orbetello, Mussolini telegrafa a Balbo:

« Tieni fortissimi i tuoi nervi e quella dei tuoi camerati. Strafregati nella maniera più decisamente fascista di quel che può pensare la gente e sopratutto la tribù dei sedentari penniferi. Devi partire all'ora giusta e non un minuto prima. Credo che alla nuova luna come tu dici avrai il bel tempo e nell'attesa A Noi! — Mussolini ».

Quando la squadra ammara a New York il, Duce telegrafa ancora a Balbo:

« Ho letto il tuo dispaccio odierno. Ripeto a te ed ai tuoi valorosi equipaggi il mio profondo compiacimento e affettuoso plauso. La grande patria fa­scista è riconoscente a te ed ai tuoi compagni e vi aspetta per tributarvi un'accoglienza degna di Roma.

L'arco di Costantino che d'ora innanzi consacrerà il trionfo ai vittoriosi nelle grandi imprese di pace e di guerra che abbiano dato lustro alla Patria aspetta a te e la tua centuria per iniziare quella che sarà poi la tradizione di Roma fascista. Ed ora voglio sinte­ticamente trattare del tuo programma. Per prima, co­sa ancora e sempre impazienza niente e assoluta distensione dei nervi. Nessuna preoccupazione di qual­siasi genere. — Mussolini ».

Ecco un altro suo telegramma, indirizzato a Montreal:

« Devi ridurre al minimo, cioè, a quanto é vo­luto dalla cortesia internazionale la mole delle mani­festazioni, che ti si preparano. Tu hai termini di tem­po indicati dalle condizioni del mare e del ciclo, quindi non puoi in alcun modo transigere. Il tuo non e un volo sportivo, fallo intendere e se non lo inten­deranno, piantali tutti senza indecisioni. Puoi fare sperare quanto mi dici nell'ultima parte del tuo di­spaccio, ma non in forma impegnativa. A Noi! — Mussolini ».

E a Chicago :

« Parte primo volo é andata benissimo così come doveva essere. L'interesse ed il plauso non solo ita­liani ma universali hanno accompagnato te e la tua ardita centuria. Ora non disperderti nelle feste, ma pensa al ritorno che preparerai con la solita diligen­za, in modo che macchine e cuori tornino felicemen­te a Roma, per ivi concludere tra il popolo di Roma la più grande impresa aerea dei tempi moderni. A Noi — Mussolini ».

E ancora a New York:

« Chicago avrà una colonna romana a ricordo incancellabile della grande impresa tua e della tua centuria alata. — Mussolini ».

Sempre a New York:

« Sono molto contento delle grandi manifesta­zioni di New York che tu e i tuoi camerati avete pienamente meritato. È anche un trionfo politico. Ho fatto sapere a Parigi e Berlino che nei ritorno non ammarerai da quelle parti. Ritengo che Göring ne rimarrà dispiaciuto, ma penso che non avevi presi impegni formali di andarvi. Ora preparati senza im­pazienza con la massima cura al ritorno. A Noi! — Mussolini ».

E infine a Shediac :

« Sino al 10 agosto Islanda, dopo Azzorre. Ho la certezza che quale sia la rotta che dovrai seguire ti abbraccerò insieme con tutti i tuoi atlantici al lido di Roma » .

 

 

 

 

 

 

SALUTO AGLI ATLANTICI

 

Quattro mesi or sono, parlando su questo colle sacro ai fasti di Roma imperiale, feci un cenno alla vostra prova imminente e vi manifestai la mia cer­tezza. Quando il vostro intrepido Comandante ven­ne a prendere congedo da me, io gli dissi che ero si­curo che sarebbe ritornato. La mia gioia, in questa giornata veramente solare, è turbata da un'ombra per i due Caduti ad Amsterdam ed alle Azzorre. La memoria di questi camerati resterà religiosamente custodita per sempre nei nostri cuori: la loro fine é il tributo che in ogni grande impresa bisogna neo-nascere alla cieca fatalità.

Ho seguito la vostra prova con ansietà e con si­curezza; oggi, dopo il vostro trionfo, classicamente romano, vi dichiaro che lo avete pienamente meri­tato: meritato per l'Italia, per la Rivoluzione e per l'Aviazione.

Per l'Italia: durante i ventimila chilometri del vostro volo, che col passare del tempo diventerà leggendario, centinaia di milioni di uomini, in tutte le lingue del mondo, hanno pronunciato il nome d'Ita­lia. Quando siete giunti in America avete riscaldato, con la vostra presenza e con la prova che avete of­ferto, il patriottismo di quelle grandi comunità d'ita­liani. L'avete meritato per la Rivoluzione, perché la vostra Crociera si è svolta in camicia nera, perché era la Crociera che doveva consacrare nei cieli di due Continenti la Rivoluzione fascista.

Lo avete meritato per l'Aviazione, ed io penso che passeranno molti anni prima che le aviazioni degli altri Paesi possano, non dico superare, ma e­guagliare la vostra magnifica impresa.

Vi esprimo il mio plauso più profondo e la mia soddisfazione di Capo del Governo, d'italiano e di fascista, ed abbracciando il vostro Comandante, che vi ha diretto con saggezza, con passione e con impe­to sino alla vittoria, intendo di abbracciare tutti voi ed ognuno di voi. Sua Maestà il Re si è degnato di firmare i decreti di promozione. Oggi stesso voglio darvi le insegne e i distintivi del nuovo grado.

 

Il 14 agosto 1933 agli Atlantici riuniti: a rapporto sul Palatino.

 

 

 

 

 

 

 

GRANDI MANOVRE

 

. . . . . . . .

Come sempre, l'Aviazione si è prodigata. Due­mila ore di volo in questi giorni. Voi tutti siete stati testimoni dell'audacia, dello sprezzo del pericolo di cui hanno dato prova I piloti tutti ed in particolare i piloti dei reparti d'assalto. Uno d'essi, stamane, ur­tando il cavo di uno di quei « drachen » che bisogna ormai considerare sorpassati nella tecnica della guer­ra moderna, ha lasciato la vita nell'adempimento del suo dovere. Rivolgiamo un pensiero commosso al capitano d'Amico che ha consacrato col suo san­gue la collaborazione che deve regnare quotidiana e cameratesca fra tutti i componenti delle forze arma­te tese all'obiettivo comune.

 

Discorso tenuto il 25 agosto 1934 in una località dell'Appennino tosco-emiliano,

 in occasione delle grandi manovre.

 

 

 

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NASCITA DI GUIDONIA

 

Un rito particolarmente solenne è questo di og­gi e perciò destinato a rimanere indelebilmente nelle no­stre memorie e inciso per sempre nelle pagine della storia italiana.

Nell'Agro Pontino e in altre plaghe della Patria abbiamo fondato città che segnano il nostro proposi­to di conquista della terra.

Oggi fondiamo una nuova città, dedicata alla memoria del generale Guidoni, eroica tempra di soldato che ha dimostrato con i sacrificio della vita la dedizione totale all'adempimento del proprio dovere.

Le città di ieri e questa di oggi esprimono la netta, sistematica, indomabile volontà di potenza dell'Italia fascista.

Tale volontà ha piegato negli anni scorsi molti uomini e molte cose. Così accadrà anche nel futuro immediato e remoto.

 

Il 27 aprile 1935, Guidonia, la città aeronautica, dal nome dei generale Alessandro Guidoni, Capo del Genio Aeronautico, caduto il 27 aprile 1928 esperimentando un paracadute.

 

 

 

Camerati!

Vi annuncio che la parte aviatoria della città di Guidonia è già inaugurata. È pronta. Da oggi inizia la sua vita feconda.

Con un senso di profonda fierezza annuncio a voi e a tutti gli italiani che gli impianti tecnica e scientifici di Guidonia sono i più moderni del mon­do. Essi, uniti alla perizia ed alla intrepidità ormai leggendarie degli aviatori italiani, garantiranno nei cieli la sicurezza e la vittoria della Patria.

 

Il 27 aprile 1935, dopo la inaugurazione di Guidonia, visitando il Centro Sperimentane di Montecelio.

 

 

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CREDITO
Benito Mussolini L’aviazione fascista a cura e con prefazione di Paolo Orano Casa Editrice Pinciana, Roma 1937
Pag. 258 formato 13 X 18,5 rilegato

 

 

http://www.squadratlantica.it/