Uomini

Liala i suoi romanzi e l'aviazione

Personaggi e contenuti dei romanzi di Liala possono ben fornire il parametro dell’immenso fascino che l’aviazione e i piloti abbiano avuto in Italia nel ventennio tra le due guerre mondiali. (g)

 

 Liala Amalia Giovanna Maria Negretti 1897 - 1995

 

Abbiamo un'idea del tutto nostra — e non sappiamo se originale, motto o poco — del « romanzo aviatorio », che ci ha portato talvolta a conflitto con scrittori aviatori o di cose d’aviazione. Tale idea si può concretare nella convinzione che riteniamo degna di essere conside­rata « romanzo aviatorio » solo quella composizione che porta il let­tore in pieno ed esclusivamente nell’atmosfera, nel campo di attività, nel modo di pensare degli aviatori; e di tali composizioni ancor oggi se ne contano pochissime nel mondo. Siamo sicuri, però, che un bel giorno saranno meno rare, e per giungere a questo risultato « L’Ala » da tempo si dà da fare. Con ciò non intendiamo naturalmente disinte­ressarci di tutti gli altri scrittori — anche,di quelli che usano l'aeroplano come elemento catastrofico, e l’aviatore come una figura che più fa­cilmente delle altre attrae e interessa, ma vuota di contenuto « avia­torio » — ed in essi, anzi, ci sforziamo di riconoscere quei lineamenti che ci stanno a cuore. Così, oggi, presentiamo ai nostri lettori una scrittrice che più volte si è accostata, con simpatia e successo, all’a­viazione, pur non essendo, i suoi romanzi, « aviatori » nel senso nostro.

 

 

Anni or sono — non molti, ma l'aviazione era ancora lon­tana dai progressi e dalla sicu­rezza d’oggi, e gli aviatori erano ritenuti ancora degli audaci che si gettavano allo sbaraglio — c’era, a Como, una ragazza che sognava di volare.

Giovanissima, studentessa, e si chiamava Liala.

C’era pure, sul lago, un pilota — Londini — che per il com­penso di cento lire portava sul suo idrovolante — un trabiccolo di legno e di tela — chi aves­se avuto la temerarietà di ten­tare una cavalcata fra le nuvole.

La bionda ; Liala (piuttosto rossa che bionda: di quel bel colore caldo detto « tizianesco ») volle tentare. Per mettere insie­me cento lire dovette faticare un bel po’, fra i pochi risparmi e un presunto debito col cartolaio (la madre pensò che doveva essere molto studiosa, se consumava tanto fra libri, quaderni e pen­ne). Riuscì nell'intento, e col bi­gliettone nel borsellino si recò al minuscolo idroscalo, insieme con altre amiche.

 

L'apparecchio di Londini sbuf­fava, come un cavallo recalci­trante. C'erano molti curiosi e pochi volatori. Liala non badò più a chi avesse intorno, affascinata dalla macchina che poteva

salire nel cielo, e rincorrere i sogni.

 

Non rispose ai frizzi delle col­leghe. Pagò e s’installò a bordo. Il pilota sedette sul suo seggio­lino. Un frullo, e via. L’appa­recchio scivolò sulle calde acque del lago, si staccò un po’ fatico­samente, cominciò ad arrampi­carsi per prendere quota. Il pi­lota non era contento: gli pareva che il motore facesse i capricci. Forse perché c'era una donna a bordo?

 

Liala guardò con stupore il lago che s'allontanava, una bar­caccia, la riva... Era in alto? Strano!

 

Quattro, cinque minuti... Il pi­lota, con una larga virata, ri­portò l’idrovolante in basso, decisamente; il lago venne incon­tro con rapidità, il vento della picchiata fischiò sui montanti, fece fremere tutte le nervature.

 

Il motore andava male, bat­teva irregolarmente: meglio ri­tornare! Un colpo leggero scivolata sull'acqua d'argento, ed il volo finì. Troppo breve: Liala non aveva avuto nemmeno il tempo di pensare a provar delle sensazioni...

 

Ciò non le impedì di sbarcare con aria di grande importanza fra le amiche, e di atteggiarsi a grande volatrice.

 

— Eh, sì, un incidente! Per poco non siamo precipitati!

 

Ma il bello successe a casa. Un amico. venne a far visita, e — in presenza della madre — disse a Liala: — T'ho vista all’idroscalo, stamattina. Quanta prosopopea, perché andavi a volare!

— Volare? — fece eco la madre, sorpresa.

— Ma io...

— Volare? — ripeté la geni­trice adirata.

E uno scapaccione raggiunse la bella e audace ragazza dai capelli tizianeschi.

 

***

 

Questo fu il battesimo dell’aria di Liala, che ancora non scriveva romanzi e si chiamava col suo vero nome. Fu D’Annun­zio a darle lo pseudonimo.

 

Sempre innamorata delle ali e del volo, appena in età da non dover più temere gli scapaccio­ni materni, cominciò a frequen­tare aeroporti, a conoscere avia­tori: quegli uomini che ammira­va e, un pochino, invidiava non potendo emularli.

 

Compì altri voli, veri e lunghi voli. Un giorno, all'aeroscalo di Gardone, la presentarono al

Poeta. D’Annunzio fu colpito dalla vivacità e dall'intelligenza di lei, e le si legò di buona amicizia. E la invitò a chiamarsi Liala, perché avesse le ali anche nel nome.

 

Quando, dopo la prima pas­sione, che fu quella del volo, in Liala si manifestò la seconda, quella di scrivere, ella volle metterla al servizio della prima. Cominciò a narrare, in romanzi e novelle, la vita degli aeropor­ti, che aveva acutamente osservata, a dipingere tipi d'aviatori, penetrando sottilmente nello spi­rito di quegli uomini audaci, rendendone con sincerità e con brio i caratteri del tutto speciali; e glorificò, senza ampollo­sità, senza retorica, con uno sti­le vivido e limpido, la bellezza del volo, l'ansia dell'ascesa nell’azzurro.

 

Ebbe successo, sempre cre­scente. Oggi i suoi romanzi rag­giungono una tiratura che supe­ra di gran lunga quella,di qua­lunque altro scrittore contempo­raneo. In tempi in cui una lette­ratura femminile sdolcinata e un po’ melensa domina il campo è una consolazione notare che il pubblico preferisce una scrittrice che tratta la materia viva e nervosa, difficile (esige conoscenza, preparazione e amore) e bella dell’aviazione. A puntate sui grandi settimanali (dove firmava pure con un altro pseudonimo lirico e aereo Ariela) e poi raccolti in volumi, i romanzi di Liala detengono un indiscusso primato. Interessanti nella trama — ci sono sempre piloti e donne innamorate, aeroplani e cielo — agili nella forma, le sue opere sono l’unico esempio di letteratura narrativa (puramente narrativa) con spunti aviatori, in Italia, prodotta con continuità; perché altri belli e notevoli esempi ci sono pure, ma staccati: opere di autori che le hanno inserite come novità, come diversivo, nella loro produzione.

 

Leggere Signorsì, La casa delle lodole, Settecorna, Fiaccanuvole, L’arco nel cielo, ed ammirare l’arte squisita, la vivezza d’impegno dell’autrice, è tutt’uno.

 

***

 

Nel suo piccolo studio, Liala ha una vecchia elica di legno, in un angolo. Due modellini, attac­cati alla parete, d’idrovolanti: di un primo tipo veloce di Macchi e di un Savoia atlantico.

 

Sullo scrittoio tiene un bel libro, che chiama il suo breviario e che pochi, oggi, ricordano: Ali ed alati di Rodolfo Fumagalli.

 

Molte fotografie, intorno.

 

Ora lavora ad un romanzo d'impegno (ma non sono tutte d’impegno, le opere, per una scrittrice di coscienza?): Chi si ferma è perduto. Vi narra di un giovane tenace, che diviene pi­lota, che combatte nella guerra di Spagna, e nell’attuale...

 

Quest’opera forse darà meglio d’ogni altra la misura del suo talento. Gli aviatori, che seguo­no con ammirazione l'opera di Liala, avranno in questo nuovo romanzo un libro che riflette la loro vita ardente e appassionata.

 

PIETRO MORMINO

L’ala d’Italia 16 - 31 gennaio 1943 n.2

 


Amalia Giovanna Maria Negretti (Liala) Carate Lario (poi Carate Urio, Como) 31 marzo 1897 - Varese 15 aprile 1995.

 

Orfana di padre dall’età di due anni. Dopo aver frequentato il liceo, si iscrisse alla facoltà di farmacia, senza conseguire la laurea. Nel 1919 sposò il marchese Pompeo Cambiasi (1880-1965), tenente di vascello della R. Marina, trasferendosi con lui a Moneglia. Iniziò a scrivere accogliendo l’invito del quotidiano genovese Il Caffaro a raccontare un incidente tra locomotive alla stazione di Moneglia di cui era stata testimone. La direttrice del giornale, Willy Dias colpita dallo spirito dell’articolo, la incoraggiò a scrivere racconti per il giornale.

 

Poco dopo la nascita della figlia Primavera, nel 1924, il matrimonio entrò in crisi e Negretti lasciò il marito per una relazione con il nobile pilota Vittorio Centurione Scotto, che tuttavia il 21 settembre 1926 morì, precipitando con il suo velivolo nel lago di Varese durante le prove per la coppa Schneider. Si riavvicinò allora a Cambiasi e, nel 1929, ebbe la seconda figlia, Serenella. Tuttavia l’unione non durò a lungo e nel 1930 ci fu la separazione definitiva. Fino al 1949 ebbe una relazione stabile con l’ufficiale pilota della R. Aeronautica Pietro Sordi, per sposare il quale fece ripetuti e vani tentativi di ottenere dalla Sacra Rota l’annullamento del matrimonio. Nel 1932 Sordi si vide costretto a lasciare l’Aeronautica perché convivente con una donna separata.

 

Poco prima dell’incidente di Scotto, Negretti si era aggiudicata un concorso letterario indetto dal Secolo XIX con la novella Il diavolo in idrovolante, ma il successo arrivò nel 1931, con il romanzo Signorsì, storia d’amore nel mondo dell’aeronautica, che andò esaurito in pochi giorni. Prima dell’uscita del libro, il 13 febbraio, l’editore aveva presentato la scrittrice a Gabriele d’Annunzio, che, definendola « compagna di volo e d’insolenze » per la sua passione per l’aviazione e le risposte pronte, coniò il nome con cui sarebbe diventata famosa, dicendole: « Ti chiamerò Liala perché ci sia sempre un’ala nel tuo nome ».  Scrisse racconti e romanzi a puntate per varie riviste femminili di Mondadori e Del Duca e dal 1940 anche sui periodici Rizzoli: Novella, Annabella e Cineillustrato. Tra il 1946 e il 1954, diresse il settimanale di novelle, posta del cuore e moda Confidenze di Liala edito da Mondadori.

Divenne un idolo per le sue lettrici, un modello di comportamento, un’amica creatrice di sogni capace di offrire consigli di ogni natura. Talora il giudizio del suo pubblico influì sulla stessa scrittura dei romanzi, come nel caso di Dormire e non sognare: dopo aver fatto morire la protagonista Lalla, le proteste delle lettrici la convinsero a trovare uno stratagemma per farla rivivere nei due romanzi successivi (i tre romanzi divennero la Trilogia di Lalla Acquaviva, portata sul piccolo schermo nel 1984 da Duccio Tessari nello sceneggiato Nata d’amore). Era così popolare che alcune madri battezzarono le figlie col suo nome; se lo veniva a sapere, mandava in dono alle bambine una medaglietta d’oro con inciso « da Liala a Liala ».

 

La corrispondenza con le lettrici contribuì notevolmente alla promozione del suo personaggio pubblico che le garantì un successo continuato, trasmesso di madre in figlia, per tre generazioni di donne italiane. Scrisse ininterrottamente per più di 50 anni e pubblicò più di 80 romanzi rosa, mantenendo una generale uniformità negli ideali rappresentati e nelle caratteristiche dei personaggi.

 

I romanzi descrivono un mondo patinato e aristocratico, in cui si muovono aitanti piloti di nobili origini e donne affascinanti, eleganti, educate, non necessariamente di grande intelligenza, ma dotate di un certo spirito di iniziativa, che portano nomi bizzarri, scovati, sembra, sui giornali di ippica, negli elenchi delle cavalle da corsa. La politica e la storia appaiono superficialmente, sullo sfondo, lasciando spazio alle relazioni umane e ai sentimenti. Con il passare del tempo, tuttavia, le tematiche denotano alcuni cambiamenti: a partire dagli anni Cinquanta il mondo dell’aeronautica fu gradualmente abbandonato, lasciando spazio a contesti diversi. Negli anni Sessanta Liala raggiunse la sua massima popolarità, producendo sogni per le generazioni del boom e offrendo alle più giovani una vera e propria educazione sentimentale; poiché toccava temi considerati tabù, la Chiesa giudicò i suoi romanzi immorali e disdicevoli per le adolescenti. Negli anni Settanta affrontò temi più scottanti e affini alla contemporaneità, ma sempre estranei alla storia e alla politica. Le sue eroine assunsero sempre di più un ruolo subordinato come in Goodbye Sirena (1991), o in Con Beryl perdutamente (postumo 2007, ma iniziato nel 1976), che racconta l’amore travagliato finito tragicamente di una giovane italiana e di un aviatore nero.

 

La critica letteraria ha sempre snobbato le opere di Liala, considerandole romanzetti di basso livello, ma negli ultimi anni si è assistito a un aumento d’interesse di natura sociologica per il genere rosa e quindi anche per lei. Sebbene la critica femminista abbia sottolineato come le donne dei suoi romanzi siano subordinate agli uomini, le figure femminili descritte sono spesso ribelli e indipendenti, vengono affrontati temi inerenti la sessualità e si parla di divorzio in anni in cui non era legale in Italia. Tuttavia, la morale trasmessa non è particolarmente trasgressiva, dal momento che il fine ultimo rimane la famiglia, le donne sono fondamentalmente alla ricerca della protezione di un uomo e i personaggi che si allontanano dal sistema di valori prestabilito sono spesso puniti. Senza intaccare l’ordine costituito, comunque, questi romanzi offrivano alle lettrici la possibilità della trasgressione e istruivano le più giovani sulle relazioni tra uomini e donne. Emblematiche a questo proposito risultano le parole di Tarsilla, domestica di Liala: « Liala mi regala i sogni che non potrò mai realizzare. Me li offre, mi fa scordare le mani rosse di detersivo ».

Sebbene i suoi romanzi fossero stati definiti stupidi, mistificanti e mal scritti, o oppio delle donne sottosviluppate e delle manicure senza orizzonti, Liala non si curò delle critiche procedendo per la sua strada, conscia della sua influenza e del suo successo, adeguandosi alle richieste delle lettrici e attribuendosi un ruolo didascalico, poiché nei suoi romanzi insegnava le buone maniere. Oggi i suoi scritti appaiono datati e, a tratti, quasi comici, ma riscuotono ancora successo, sorprendentemente anche tra le giovani, come dimostrano le tirature e i gruppi di ammiratrici presenti nei social networks.

 

Di orientamento conservatore e monarchico, il 4 marzo 1977 ricevette la croce di Dama dell’ordine della Corona d’Italia da Umberto II con cui sin dal 1946 aveva mantenuto una corrispondenza.

 

Dal 1958 si ritirò nella villa La Cucciola, nei pressi di Varese, dove, aiutata dalla figlia, visse una vita riservata, concedendo a volte interviste e ricevendo lettere dalle lettrici. Il suo ultimo romanzo pubblicato in vita, Frantumi di arcobaleno, uscì nel 1985, quando smise di scrivere per una malattia agli occhi. Nel 1991 rilasciò un’intervista ad Aldo Busi, da cui lo scrittore trasse ispirazione per il libro L’amore è una budella gentile. Flirt con Liala (1994).

Morì a Varese il 15 aprile 1995 e fu sepolta nel piccolo cimitero di Velate.

 

Dopo la sua morte, la figlia Primavera ha mantenuto viva la sua memoria promuovendo pubblicazioni ed eventi pubblici. Ha inoltre concesso alla scrittrice e giornalista romana Mariù Safier di concludere e pubblicare gli incompiuti Con Beryl perdutamente e Un ballerino in Paradiso, seguendo alla lettera la trama già stabilita dall’autrice. Nel 1998 le è stata intitolata una piazzetta a Varese.


Note biografiche elaborate dal Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 78 (2013) autrice Eleonora Carinci. www.treccani.it

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